Esclusiva-Fiore: “Totti è andato avanti più di quanto poteva. Mi rivedo un po’ in Pellegrini”
L’ex centrocampista Stefano Fiore ha parlato ai microfoni di Soccermagazine esprimendosi sull’attualità della Serie A e ricordando la sua carriera.

Nei primi anni 2000 Stefano Fiore è stato sicuramente uno dei centrocampisti più importanti della Serie A, tanto da conquistarsi in più occasioni anche la maglia della Nazionale azzurra e partecipare all’Europeo di Belgio-Olanda sfumato al fotofinish. Fiore ha rilasciato un’intervista in esclusiva a Soccermagazine dicendo la sua sul momento attuale del calcio italiano e sulla sua precedente vita da giocatore.
In questi anni la nazionale sta faticando a qualificarsi ai Mondiali, il Napoli è riuscito a vincere già 2 Scudetti e le gerarchie delle big vedono molto più indietro Lazio e Roma. Ripensando anche a quando giocavi tu, che idea ti sei fatto dell’attuale momento storico del calcio italiano?
Innanzitutto che è cambiato molto da un punto di vista tecnico-tattico, ma soprattutto gestionale. Io credo che oggi sia molto più business e si guardi soprattutto a quello, nella gestione della squadra e dei bilanci. C’è più testa e meno cuore. Una volta esistevano i presidenti padroni, oggi sono tutte multinazionali e a volte non si sa neanche bene chi sia il padrone di una società piuttosto che di un’altra. Sicuramente il danaro la fa ancor più da padrone. Anche ai tempi miei, per carità, chi acquistava i giocatori più forti aveva naturalmente più possibilità di vincere.
Oggi realtà come Lazio e Roma – soprattutto la Lazio, perché la Roma ha una società economicamente florida che investe tanto – fanno fatica a stare stabilmente nelle prime quattro. Negli ultimi anni è successo poche volte, mentre negli anni miei si lottava sia per vincere i campionati sia per le posizioni che contano. Oggi si lotta per le coppe cosiddette “minori”, ma questo è dovuto soprattutto alla struttura societaria e agli investimenti che le società possono fare.
A livello internazionale la squadra più solida sembra essere l’Inter: sei anche tu della stessa idea di quelli che pensano che con l’addio di Simone Inzaghi – peraltro tuo compagno alla Lazio – sia comunque meno temibile rispetto all’anno scorso?
No, secondo me Simone ha fatto un bellissimo percorso. Insieme ai giocatori, naturalmente, è stato uno degli artefici di un bellissimo processo di crescita, soprattutto a livello europeo, perché in Italia aveva la squadra più forte per tutti gli anni in cui ha allenato e ha vinto un campionato solo, quindi magari sotto questo punto di vista poteva fare qualcosina di più. Forse ha pagato in campionato ciò che è riuscito a fare in Europa, perché ha fatto due finali di Champions, ma credo abbia dato una dimensione molto importante che tuttora rimane, nonostante sia andato via un allenatore che ha fatto molto bene. L’intelaiatura della squadra è rimasta quella, è stata puntellata secondo me anche in maniera adeguata, quindi credo che possa essere assolutamente competitiva anche quest’anno sia in Italia sia in Europa.
La Lazio sta attraversando uno dei momenti forse peggiori della sua storia: temi che alla lunga possano arrivare persino delle dimissioni di Sarri?
Mi auguro di no. Nel calcio, ovviamente, tutto è possibile. Per quello che riesco a leggere e a percepire credo che lui fosse abbastanza a conoscenza della situazione, soprattutto a livello di mercato, che la Lazio avrebbe attraversato. Questo potrebbe essere un fattore positivo, nel senso che lui sapeva a cosa andava incontro. Conoscendolo come grande professionista, non credo possa essere questa la motivazione per eventuali dimissioni. Di certo lo aspetta un lavoro molto duro perché la squadra l’anno scorso ha fatto una buonissima prima parte di campionato, però via via ha finito in calando, a testimonianza del fatto che avrebbe avuto bisogno di essere puntellata soprattutto in alcuni ruoli.
Sarri sicuramente è un valore aggiunto perché è un bravissimo allenatore, conosce l’ambiente. I giocatori più importanti sono rimasti, ma la rosa secondo me non è all’altezza per provare a stare lassù insieme alle grandi. Credo che sarà un anno molto complicato per entrare in Europa. L’inizio non è confortante, c’è da sperare che in qualche modo la squadra si compatti insieme a Sarri e provi a fare un campionato maiuscolo, perché per centrare l’Europa bisogna fare veramente molto bene.
Da mesi si parla di un probabile arrivo di Insigne, che però ricoprirebbe lo stesso ruolo del capitano, Zaccagni. Dato che la Lazio non è impegnata in Europa quest’anno, come vedi l’eventuale convivenza tra i due?
Beh, un eventuale arrivo mi farebbe pensare o a un cambio di modulo – magari con Insigne seconda punta dietro a Castellanos – o a una profondità di rosa più importante. Perché oggi, insomma, se non gioca Zaccagni si fa fatica a trovare un giocatore della sua qualità e all’altezza. Insigne potrebbe essere un’occasione di mercato, che oltre a essere un probabile sostituto potrebbe anche indurre Sarri a rivedere magari il modo di giocare.
A Napoli c’è chi ha persino messo in discussione Kevin De Bruyne in questi primi 2 mesi. Ritieni comunque corretta la gestione del belga da parte di Antonio Conte, che pur di schierare tutti i titolarissimi lo posiziona di fatto fuori ruolo?
I giocatori come De Bruyne sono impossibili da tenere fuori. Un giocatore magari non più giovanissimo, magari non sempre utilizzato al miglior modo, ma arriva da un calcio diverso. Per certi versi Conte lo imprigiona in un contesto un po’ più tattico. Lui viene da una maniera di giocare molto più libera, molto meno posizionale di quanto non fosse abituato con Guardiola. Quindi credo che sia anche un momento di adattamento per De Bruyne al nostro tipo di calcio, che rispetto ad altri campionati è meno tecnico, ma sicuramente più tattico.
Però la gestione è sempre stata la chiave di questi grossi campioni. Da questo punto di vista Antonio è molto più di impatto rispetto ad altri. Io credo che alla fine farà bene sia a De Bruyne sia a Conte questo tipo di confronto, questa maniera di fare calcio. I giocatori come De Bruyne determinano sempre in un modo o nell’altro. Ogni tanto dovrà adeguarsi De Bruyne, ogni tanto penso lo farà Antonio per il bene comune che è quello del Napoli.
Potendo scegliere, oggi Stefano Fiore preferirebbe giocare nella Juventus che magari ha un modulo più adatto alle sue caratteristiche oppure nell’Inter che rimane pur sempre la squadra con l’organico più blasonato?
Difficile fare una scelta! Giocherei volentieri in entrambe. Probabilmente in questo momento più l’Inter potrebbe essere più adatta alle mie caratteristiche perché gioca con gli interni di inserimento, vedi Barella, vedi Mkhitaryan. Sono quelle le zone di campo in cui io mi trovavo bene a giocare. Nella Juve probabilmente un giocatore con le mie caratteristiche invece manca, quindi per motivi diversi mi piacerebbe giocare in entrambe le squadre.
Qualche anno fa sei stato impegnato con Totti nella nazionale del “Mondiale delle leggende”: sinceramente, rivedendolo da vicino e considerando la qualità media della Serie A, ritieni che fosse davvero arrivato il momento del ritiro o che avrebbe potuto continuare a giocare come si dice ancora oggi?
No, io credo che le qualità di Francesco siano indubbie e riconosciute a livello internazionale. Francesco potrà fare determinate cose finché cammina, insomma: non dobbiamo lasciarci condizionare dal gesto tecnico e dalla qualità intrinseca del giocatore. È un mio parere personale, ma io credo che sia andato anche più avanti di quanto avrebbe dovuto e potuto, perché con l’anagrafe è difficile combattere. Quando si gioca a calcio è chiaro che si viene attirati dalla giocata, dal colpo ad effetto, dal gran tiro, dal tunnel e da tanti aspetti tecnici. Questo è bellissimo per il calcio e Francesco è stato uno degli esempi più luccicanti in questo senso, però il calcio di oggi e anche di quando Francesco stava finendo è fatto di tante altre cose.
Il nemico principale di Francesco e dei giocatori come lui è solo l’anagrafe. Io credo che abbia fatto cose eccezionali anche andando oltre una normale carriera che sotto un certo punto di vista era anche finita. Poi la sua immensa classe e la gestione che ha avuto, non giocando tutte le partite, lo hanno portato a finire un po’ più avanti. Però credo che il percorso che ha fatto sia giusto così.
Anche aver lasciato la Nazionale subito dopo il Mondiale potrebbe avergli allungato la carriera…
Ma lì è un discorso di gestione. Già il Mondiale lo aveva fatto venendo da un gravissimo infortunio. Lo ricordiamo tutti non brillantissimo in quel Mondiale, poi magari decisivo nei momenti clou come il rigore all’Australia perché un campione rimane un campione. Insomma, ci è arrivato un po’ logoro fisicamente. Probabilmente il fatto di rinunciare alla Nazionale e di gestirsi solo nel club evitandosi ulteriori viaggi e ulteriori partite gli ha permesso di allungare un po’ di più la carriera.
A proposito di Nazionale, ricordiamo che nel 2000 c’eri anche tu tra gli azzurri che hanno sfiorato il titolo europeo: a distanza di 25 anni, ci si ripensa ancora?
Io provo a non pensarci, perché sportivamente parlando non è un bellissimo ricordo. Però c’è sempre chi te lo ricorda, a volte ancora oggi, quando si parla di Nazionale, capita di tornare a quell’Europeo lì che è stato bellissimo da una parte, perché io ho vissuto un’esperienza bellissima, ma drammatico dal punto di vista sportivo perché l’epilogo non è stato dei migliori. Però è chiaro che, insomma, ci si pensa sempre, perché è stata una finale pazzesca, che meritavamo anche di vincere. A volte il calcio ti dà e a volte ti toglie e in quell’occasione lì ci ha tolto qualcosa. Però, col senno di poi, nel 2006 abbiamo giovato di qualcosa a favore rispetto al 2000, sempre con gli stessi protagonisti.
Per concludere: c’è un giocatore della Serie A in cui Stefano Fiore si rivede oggi?
È un gioco molto cambiato, come dicevo prima. È sempre molto difficile fare paragoni, soprattutto paragonando quasi epoche diverse perché oggi il calcio va velocissimo. A ripensare a circa 20 anni fa quando giocavo io… insomma, 20 anni sono veramente tanti. Un giocatore italiano che un po’ per caratteristiche mi somiglia è Pellegrini della Roma. Secondo me, a grandi linee è l’italiano che in qualche modo mi somiglia di più.
Si ringrazia Stefano Fiore per la cortese disponibilità.
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