Calcio Femminile e professionismo, è il momento dello sciopero

Il calcio femminile in Italia sta ribollendo come non mai. Dopo anni passati sotto traccia a causa di un mancato interesse da più parti, sembra iniziato un percorso di crescita che le ragazze, e quanti investono la propria passione in questo sport, non vogliono più fermare.
Sede FIGC - Fonte immagine: Carlo Dani, Wikipedia
Sede FIGC – Fonte immagine: Carlo Dani, Wikipedia
Il ritorno sulla scena europea del nostro Paese, a cui farebbe bene ricordare di essere stato uno dei principali attori nella nascita primordiale di questo movimento, con la finale della Women’s Champions League organizzata a Reggio Emilia nella primavera del 2016, l’aumento dell’appeal del campionato dovuto all’ingresso di grandi club (solo quest’anno sono arrivate Milan e Roma) grazie ad un programma di investimenti mirato, l’ingresso da protagoniste in un grande evento quale sarà il Mondiale della prossima estate in Francia, sono tutti punti di un processo di programmazione più ampio, il cui incedere non può più essere rimandato.
In questo quadro generale, il calcio femminile italiano guarda col fiato sospeso la situazione di caos legata al braccio di ferro tra FIGC e LND per la futura gestione dei campionati, in cui le due parti, con le proprie ragioni, si battono a forza di ricorsi per avere la meglio. Sarebbe però opportuno considerare come la pensano le protagoniste: un ritorno sotto l’egida della LND, dopo anni vissuti ai margini del grande pubblico e di un’efficace organizzazione, non è vista di buon occhio ed è per questo che viene chiesta a gran voce la necessità di accogliere questo ulteriore passo nel processo di cambiamento che si sta vivendo, anche a costo del boicottaggio degli eventi organizzati (possibilità indicata in questi giorni).
Lo strappo tra le parti in causa è stato quindi consumato e in questa fase sarebbe più giusto sedersi attorno ad un tavolo per capire come evitare il peggio: si potrebbe partire dal coinvolgimento del CONI e del Ministero dello Sport per superare un ordinamento vecchio di quaranta anni (la legge 91 del 1981 sul professionismo sportivo) e garantire effettivamente lo status di professionista a chi di fatto lo è, concertando un nuovo schema organizzativo che soddisfi tanto i vertici quanto chi è chiamato a valorizzare la base del movimento. Sono tutte ipotesi che a meno di un mese dall’avvio della stagione bisognerebbe vagliare con grande serietà per non perdere l’ennesimo treno per un cambiamento così lungamente atteso. Lo sciopero delle società di A e B, nel frattempo, è stato già indetto, con tanto di blocco dell’acquisizione dei diritti tv che per la prima volta erano stati oggetto di un bando ufficiale.
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Salvatore Suriano

Redattore sportivo per passione, amo il calcio e lo seguo sempre con lo stesso interesse. Collaboro con SoccerMagazine dal luglio del 2013.

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