La domenica solo nera della Juve

Capita, nello sport, che d’un tratto tutti i sorrisi e le gioie di un momento prima, possano svanire, magicamente, un momento dopo.
Capita allora che, in una domenica di Maggio, la Juve festeggi il ritorno alla vittoria, dopo un digiuno di sei anni, con uno Scudetto – ventotto, ventinove o trenta che sia, non fa differenza – strameritato e conquistato interamente sul campo, dopo trentotto onorate giornate di campionato.
E capita che nessuno, in quel momento, si aspetti che nel giro di sette giorni tutto – o quasi tutto – possa cambiare sapore, almeno un pò.

Fonte immagine: Giuseppe Barbella

La domenica della Juve, sette giorni prima completamente bianconera, comincia ad assumere toni un pò meno intensi, un pò più sfocati, quando, ad ora di pranzo inoltrata, i cugini – e rivali storici – del Torino scendono tra le strade a festeggiare.
I granata, dopo tre anni di purgatorio, si guadagnano una sacrosanta promozione nella massima serie, riprendendosi quelle strade che solo pochi giorni prima avevano visto, onorato, accolto ben altri colori.

 

Ma il pensiero di un derby, in fondo, può anche nascondere qualcosa di positivo; un sorriso può sbocciare sul viso perchè la rivalità cittadina è pura adrenalina nelle vene, e contribuirà ad aumentare il gusto e gli interrogativi della prossima stagione.
L’ambiente juventino, però, può cominciare a ben storcere il naso quando, appena prima che arrivi la sera, un’altra notizia pallonara giunge alle orecchie di tutta la penisola; dietro quei cugini granata, appena freschi di serie A, un’altra squadra è tornata su.
Mancava da quelle parti non da tre anni, ma ben da diciannove, e porta alla guida di una banda di ragazzini terribili, quasi tutti under 21 e col futuro prosperoso, un ‘vecchio Rivale‘ per la ‘vecchia Signora‘; tale Zdenek Zeman.
Uno che di Scudetti vorrebbe dargliene “al massimo ventidue o ventitre..“, uno che non ha mai problemi a dire quello che pensa e che ha anticipato di una decina d’anni, almeno, argomenti che poi sarebbero scoppiati con rimbombo sui tavoli di uffici giudiziari, da Nord a Sud.
Insomma, un boccone amaro da mandare giù.

Lo stadio Olimpico di Roma, teatro della finale della Coppa Italia. Fonte immagine: Wikipedia - Alexdevil

Ma se è vero il detto ‘non c’è due senza tre‘, allora non era giusto, per il destino, fermarsi li.
Sono le 22.59 di una giornata interminabile, quando il sig. Brighi fischia la fine della Finale di Coppa Italia, in cui la Juve, sempre lei, è appena stata battuta dal Napoli per 2-0, in quella che da tutti sarà ricordata come l’ultima apparizione di Del Piero con la maglia bianconera, ultimo di una lunga serie di bandiere che, affranti – ma neanche tanto – dagli sforzi dell’età,  lasciano il nostro calcio.
In un attimo svanisce il sogno dell’accoppiata Scudetto-Coppa Nazionale, e pure quello di concludere al meglio la stagione dei record, macchiata – ma solo in parte – dalla prima sconfitta stagionale.
Conte conosce il sapore della sconfitta per la prima volta, dopo aver ascoltato il ‘rumore dei nemici‘, come diceva qualcuno pochi anni fa.

 

Capita, quando il destini ci si mette di mezzo, ma in fondo, ancora tutto può sempre cambiare in un attimo.

 

 

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