Milan, ecco perché Inzaghi non dovrebbe essere confermato

Chiedere a un milanista di esonerare Inzaghi dalla panchina del Milan, è come chiedergli di strapparsi un brandello di cuore; Inzaghi è e sarà per sempre uno dei giocatori, ma soprattutto degli uomini più amati della storia del Milan: l’uomo della finale di Atene, il giocatore da 11 stagioni e 73 gol con la maglia rossonera. Ecco, giocatore, uomo, ma non allenatore.

Pagelle Fantacalcio: secondo repubblica.it, Inzaghi telefonava spesso in caso di voti da lui ritenuti ingiusti fonte foto: Wikipedia - Simo82
Pagelle Fantacalcio: secondo repubblica.it, Inzaghi telefonava spesso in caso di voti da lui ritenuti ingiusti fonte foto: Wikipedia – Simo82

L’ultimo flop in ordine temporale, il pareggio interno con il non irresistibile Verona all’ultimo minuto, come ogni settimana ripropone il tema sul futuro sull’ex tecnico della primavera e che guida la prima squadra solo da luglio. La sensazione è che il gol di Nico Lopez non porterà alla stessa sorte di Walter Mazzarri (anche lui colpito in casa dalla giovane punta negli ultimi istanti di partita), ma che abbia solo velocizzato quello che sembra un finale scontato.

Infatti, il primo motivo che spinge a chiudere con l’Inzaghi allenatore è proprio questo: che il destino pare già scritto e che si stia aspettando solo per l’affetto che il presidente Berlusconi e soprattutto l’amministratore delegato Galliani hanno per Filippo Inzaghi. Infatti, nessun tifoso sarebbe in grado di imbastire una campagna contro un giocatore così amato, che incarna lo spirito più genuino, combattivo e romantico del milanista. Ma il danno morale che comporterebbe un addio prematuro, oltremodo sta protraendo una situazione che andrebbe risolta per velocizzare un processo di ricostruzione. Dopotutto, quella tra Milan e Inzaghi appare più una questione privata che un normale rapporto di lavoro e, come si sa, rapporti privati e professionali non dovrebbero mai intaccate l’un l’altro. Così è stato fatto per Seedorf, che però non godeva della simpatia di Galliani, che mal si conciliava con il carattere eccentrico e autoritario dell’olandese, ma che segnò la prima sconfitta di Berlusconi, che tanto lo aveva voluto, richiamandolo dal Brasile dove ancora giocava. Così è stato fatto con Conte alla Juventus, che rispetto a Inzaghi ha vinto qualcosa in più, nel momento in cui si è capito che non c’erano più margini di miglioramento, per una squadra che in campionato ha fatto da padrone per tre anni di fila. In conclusione, mantenere un allenatore il cui destino è già segnato non ha alcun senso ed è uno spreco di tempo nel momento in cui si potrebbero sfruttare i mesi rimanenti, quantomeno per anticipare un progetto futuro, se non raddrizzare una stagione che, per quanto deludente, non è ancora del tutto compromessa.

Analizzato l’aspetto umano, che gioca inevitabilmente a favore di Pippo, un altro aspetto immediato che favorisce Inzaghi è quello dell’ingaggio, relativamente basso considerando quello del precedente allenatore, ancora stipendiato dal Milan. Puntare su un altro allenatore, possibilmente affermato, come ad esempio Klopp o Spalletti, comporterebbe per il Milan un costo incredibile, considerando l’attenzione che il Milan pone al budget stipendi, segnando ancora di più il fallimento totale di un accennato progetto tecnico.

Nel momento in cui si vanno ad analizzare i risultati, ecco che non ci si può spiegare razionalmente la conferma di Inzaghi. L’allenatore del Milan ha sin qui ottenuto uno score inferiore al precedente allenatore, il tanto criticato Seedorf, che nelle sua mezza stagione al Milan era riuscito a risollevare le sorti della squadra sfiorando l’Europa Legue con il suo 8° posto. Il Milan di Inzaghi, che attualmente occupa la 10° posizione, con un distacco di 7 punti della Sampdoria, ossia dall’ultimo posto disponibile per l’Europa, nell’ultimo week and ha issato bandiera bianca definitivamente, se pur le rispettive avversarie, ad oggi identificabili in Samp, Genoa, Inter, Torino e Palermo non hanno fatto sfracelli e hanno permesso più volte al Milan di ritornare in corsa. Il Milan, e Inzaghi, non ci sono riusciti, ma vediamo quali sono le tappe di questo insuccesso.

Innanzitutto, è chiaro che l’allenatore del Milan non ha colpe se la società non è disponibile a spendere sul mercato e se lo stesso Inzaghi è un allenatore esordiente in A che non può imporre la sua carta d’identità come manager alla società. Di certo, a dispetto di Seedorf, Inzaghi ha potuto contare su una preparazione estiva e un annessa campagna acquisti che hanno portato al Milan i vari Menez, Torres, Alex, Bonaventura e Van Ginkel prima e Antonelli, Paletta, ma soprattutto Cerci e Destro, se pur con un Taarabt e Kakà in meno e una scelta di avallare l’addio di Balotelli, mai rimpianto. Insomma, Inzaghi ha cercato di costruire la squadra sulla conferma di Honda, sul ritrovato El Shaarawy e soprattutto su Menez, applicandosi in un 4-3-3 che ha snaturato la natura del Milan, abituato al controllo della palla, diversamente da Seedorf che invece aveva mantenuto un atteggiamento di predominio territoriale, con il risultato di un controllo lento e macchinoso, che però ha fruttato discreti risultati. Inzaghi invece si è adattato alla scarsa qualità a centrocampo del Milan, peggiorata dal lungo stop di Montolivo e con l’arrivo tardivo di Bonaventura e Van Ginkel, il primo positivo, il secondo quantomeno sfortunato e segnato dagli infortuni. Dopo i primi risultati negativi, il Milan ha lentamente dato l’idea di crescita. Infatti, le prime giornate di campionato i rossoneri hanno sorpreso con un Honda in grande spolvero e un Menez leader. Se pur il Milan ha latitato in difesa, salvandosi grazie a un altro ottimo acquisto, quello del portiere Lopez, ha retto. Complice anche qualche infortunio di troppo, il Milan però ha presto involuto nel momento della verità, palesando grossi limiti nel momento in cui gli avversari hanno imparato a conoscere il gioco prevedibile milanista.

Da novembre ad oggi il Milan ha inanellato una serie di risultati deludenti, ma ancor più deludente è il gioco espresso; la grave colpa di Inzaghi è quella di aver trasmesso alla squadra una completa mancanza di idee. Al di là dei tanti giocatori cambiati anche a colpa degli infortuni, Inzaghi ha schierato di giornata in giornata una formazione diversa, ma soprattutto con schemi diversi, senza quindi mai dare una continuità e con la sensazioni di adattarsi più agli avversari che quella di imporre un proprio gioco, filosofia inaccettabile per la storia del Milan. Infine, i continui cambi di moduli, dal 4-3-3 con il false nueve senza false nueve, al 4-2-3-1 di stampo Seedorfiano, al 4-3-1-2, Inzaghi ha cercato più di giustificarsi, dimostrando di provarle tutte al pubblico che davvero tentare di risollevare una squadra scoraggiata.

Infine, ciò che appare incredibile per un allenatore che è stato un grandissimo centravanti, è la solitudine dei numeri 9: prima Torres, poi Destro, con qualche parentesi di Pazzini. Torres, che all’Atletico Madrid sta dimostrando di non essere per niente un giocatore finito, al Milan ha realizzato un solo gol in tutto il girone d’andata. Il Milan, prima con il solista Menez, incapace di seguire i dettami tattici dell’allenatore (altro limite di Inzaghi), rimanendo in posizione avanzata e giocando maggiormente al servizio della punta, poi con l’aggiunta di Cerci, che è un individualista come Menez, ma senza la sua tecnica e capacità di dribbling, hanno fatto si che il centravanti del Milan disponesse più o meno di mezzo pallone giocabile a partita. L’insistere su Destro nel mercato di gennaio, avrebbe fatto pensare a un inversione di tendenza, nell’impegno di mister e squadra a snaturare questo problema. Invece no: la punta al Milan continua a vagare scoraggiata per il campo, sfiduciata all’idea di non ricevere mai un pallone giocabile dai compagni. Se a Destro si può osservare una condizione non ottimale e poca grinta, Pazzini, che il campo l’ha visto poco, e contro il Verona si è sbattuto di più, ha avuto gli stessi identici problemi, concludendo, con merito, una volta sola.

Al di là di questi problemi, il Milan ha continuato a latitare in difesa, sui gol subiti da palla inattiva (inutile l’arrivo del preparatore Vio, conosciutissimo per essere il mago delle punizioni e dei calci d’angolo: vedere il rendimento della Fiorentina), di un centrocampo asfittico, tutti problemi precedenti e mai risolti. Ma inferire ancora sarebbe ingiusto; dopotutto, si sta parlando di Filippo Inzaghi, bandiera del Milan.

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