“Mi pento di non aver portato Giuseppe Rossi in Sudafrica”, ma ricordate gli altri errori del Lippi-bis?

Non capitava dal 1974 che l’Italia uscisse dalla fase a gironi del Mondiale. Più di 30 anni: in questo lasso di tempo ne abbiamo comunque vinte due di Coppe del mondo, ma forse non sono bastate a conferire a quella azzurra la stabilità degna di una grande Nazionale del calcio.

Fonte: International Journalism Festival (flickr)
Fonte: International Journalism Festival (flickr)
Il raggruppamento più facile che potesse capitare agli azzurri nella kermesse sudafricana era il seguente: Nuova Zelanda, Slovacchia, Corea del Nord; a dicembre 2009 il sorteggio sembrava quasi essere stato dirottato a favore dei campioni uscenti, ma non è bastato nemmeno che al posto di una di queste tre ci fosse una squadra comunque mediocre per permettere agli azzurri di passare agli ottavi di finale.
Qualcosa che è andato storto c’è stato, è ovvio. Ma chi fu il vero responsabile di tutto ciò? Sarebbe molto facile, quasi scontato, accollare tutte le colpe della nostra debàcle (il termine francese è stato scelto volutamente) al ct Marcello Lippi; non possiamo negare però che diversi tipi di strafalcioni fossero stati commessi dall’ex allenatore campione del mondo, e sappiamo che quanto desiderassero di più i tifosi dopo una clamorosa sconfitta fosse la chiarezza sull’accaduto, tuttavia mai arrivata: a distanza di quasi 4 anni, all’alba di un nuovo Mondiale, Lippi non ha ancora spiegato perché ha perso brutalmente quello precedente. Ad una trasmissione di Canale 5, a pochi mesi dalla disfatta nel continente nero, si rifiutò di rispondere. Da quel dì, tutto ciò che è riuscito a farsi scucire è che avrebbe voluto poter contare su uomini come Buffon e Pirlo (infortunatisi proprio in Sudafrica), oltre che su un De Rossi in piena forma, ma che fu comunque impiegato in tutte e tre le partite del girone; l’ultima uscita – “Mi pento di non aver portato Giuseppe Rossi in Sudafrica” – non è comunque sufficiente per capire, anche sommata all’altra, ma basta per contraddire già la sua decantata filosofia basata sul “gruppo”. Proviamo allora ad analizzare insieme quelli che sono stati gli errori evidenti della seconda gestione azzurra del tecnico viareggino:
 
INDECISIONE
E’ l’aspetto del Lippi-Bis sorto forse per ultimo o forse per primo di fronte alla breve avventura italiana al Mondiale. Da quando si era seduto nuovamente sulla panchina azzurra nell’agosto del 2008, succedendo a Donadoni, Lippi aveva convocato in vista dei tanti impegni della Nazionale diversi giocatori, molti dei quali, comunque, già presenti nella vecchia ossatura della squadra, nonchè al Mondiale precedente in Germania. Che senso ha avuto, però, utilizzare per due anni ragazzi come Fabio Grosso, Nicola Legrottaglie e lo stesso Giuseppe Rossi per poi bocciarli pochi giorni prima della partenza decisiva e preferire loro persone approdate in azzurro poco prima dello stesso Mondiale, come Bonucci e Bocchetti? Questo denota sicuramente un particolare importante della gestione di Lippi: il processo di ricostruzione tanto decantato, che non riusciva a raggiungere una percentuale di completamento totale neanche alla vigilia della gara con la Slovacchia, ha ingannato lo stesso Marcello. Il campionato 2009/2010, infatti, aveva riservato alla Nazionale la brutta sorpresa del collasso juventino, il blocco di fondo dell’Italia da diversi anni a questa parte; contemporaneamente, molti dei giocatori delle squadre di prima fascia della Serie A, come risaputo, non erano eleggibili dal mister, vuoi per la difficoltà a trovare nostri connazionali fra i campioni d’Italia dell’Inter, vuoi per le querelle da telenovela sorte intorno a personaggi di altre squadre di valore, come Totti e Nesta, che hanno gentilmente declinato l’invito sudafricano del ct. Lippi si era trovato allora costretto a convocare svariati nomi, sicuramente anche non eccellenti, all’ultimo momento, portandoli addirittura all’appuntamento finale, con la consapevolezza, comunque, di non avere garanzie sufficienti per una competizione di massimo livello.
 
COESIONE DEL GRUPPO
La forza e l’unità di intenti dei giocatori della Nazionale è sempre stata la caratteristica dell’Italia su cui Lippi ha puntato ab ovo. Tuttavia, il nostro ct non aveva considerato che la vittoria al Mondiale 2006, oltre che per la compattezza della squadra, era arrivata anche grazie ad una complementare sintonia psicologica portata avanti inizialmente dai piccoli e grandi successi, personali e collettivi, dei vari calciatori azzurri, specie a livello morale. Ricreare, tra l’altro visibilmente in maniera forzata, la stessa atmosfera di allora era praticamente improponibile. E’ stato quasi come offendere il lavoro svolto in Germania, senza dare troppo credito, quando ne è il caso, alle circostanze esterne e, perché no, anche alle fasi particolari delle vite dei singoli. E’ probabilmente anche per questo che al termine della partita con la Slovacchia ci è voluto il pianto di Quagliarella per far capire a Cannavaro e agli altri, rimasti fino ad allora impassibili, la gravità del momento.
 
CONFUSIONE TATTICA
Per via di una mancata chiarezza nel delineare, anche solo nella propria mente, i nomi di coloro che sarebbero dovuti scendere in campo a difendere il titolo in Sudafrica, Lippi si era ritrovato, suo malgrado, a dover decidere all’ultimo la ripartizione e la geometria della squadra, finendo, forse per impossibilità tecniche, forse per la pressione del Mondiale imminente, a sbagliare tutto. Non a caso molti degli uomini impiegati dal ct si erano lamentati, esponendosi anche in prima persona, delle posizioni attribuite loro dal mister, a loro poco congeniali. Tutti i frutti raccolti in una stagione con i rispettivi club vanno a farsi friggere allora quando all’ultimo si deve essere costretti a giocare “scomodi” senza poter esprimere al meglio le proprie possibilità. L’esplosione di Quagliarella, utilizzato solo nel secondo tempo dell’ultima partita con la Slovacchia, quasi come se fosse il tentativo della disperazione, sembrò la punizione più giusta per Lippi. Anche la scelta di elggere come vice-Buffon Marchetti, privo di esperienza internazionale, piuttosto che De Sanctis, tra l’altro più navigato e più maturo, non fu priva di contestazioni; il ct volle tirare la corda scommettendo anche sull’ascesa dell’allora portiere del Cagliari, che finì invece col bruciarsi. Lippi era in ritardo con la tabella di marcia. Un errore che si sarebbe potuto decisamente evitare, conferendo all’Italia un’identità ben definita sin dall’inizio.
 
TALENTI NON CONVOCATI
Nessuno ci dice che una squadra con Cassano, Balotelli, Miccoli, Totti, Del Piero e Nesta sarebbe riuscita a vincere i Mondiali del 2010. Diversi di questi nomi comportavano dei problemi nei progetti di Lippi: Totti e Nesta, inanzitutto, avevano rifiutato la convocazione come già spiegato, mentre Miccoli, Cassano e Balotelli, all’epoca più irrequieto di oggi, avrebbero potuto minare la tranquillità dello spogliatoio, ledendo la proverbiale coesione del gruppo “lippiana”. Anche elementi come Balzaretti ed Ambrosini, autori di una stagione non indifferente, avrebbero fatto comodo. Risultò inoltre curioso vedere come, in seguito alla decisione di non chiamare giocatori convocabili come Perrotta, si chiese alla matricola azzurra Pepe di fare il “Perrotta del 2006″. Lo stesso centrocampista della Roma era stato utilizzato nel Lippi-Bis fino all’amichevole contro il Brasile del febbraio 2009, e nonostante una buona stagione in giallorosso non sarebbe riuscito a riguadagnarsi un posto fra i suoi vecchi compagni. Perché non convocarlo?
 
Gira che ti rigira, entrare nella testa di un commissario tecnico della Nazionale risulta essere sempre abbastanza spinoso. Soprattutto se si tratta del commissario tecnico della Nazionale campione del mondo e il commissario tecnico che ha vinto proprio con quella Nazionale. Sicuramente, ci saranno stati molti altri aspetti negativi, oltre a quelli sopra elencati, della seconda gestione di Marcello Lippi alla guida dell’Italia; ma altrettanto sicuramente, ce ne sono stati anche di positivi. Quelli da cui Prandelli ha saputo subito trarre giovamento, mentre Lippi si allontanava ascoltando l’ultimo suono delle vuvuzelas…

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