A tutta tattica – Luis Enrique, il 4-3-3 e la nuova Roma catalana

Da qualche tempo è di gran moda nell’ambiente pallonaro italiano evocare il nome del Barcelona come una parola magica, la panacea di tutti i mali del calcio, la terra promessa delle società. Barcelona! dicono i presidenti, Barcelona! rispondono gli allenatori.

Fonte immagine: Luca Moraca
A parole, tutti imitano i blaugrana, che il motivo ispiratore sia l’organizzazione del club, il modo di giocare, oppure la capacità di scoprire e lanciare giovani fenomeni.
Quest’anno però, una squadra che ha deciso di rifarsi davvero alla filosofia di gioco dei campioni d’Europa ce l’abbiamo nel nostro campionato: è la Roma.
Diciamo subito una cosa però: non è che la nuova società giallorossa si sia messa in testa di ripercorrere pedissequamente l’esperienza del Barça (anche perché sarebbe impossibile e ridicolo).
La scelta di Luis Enrique da parte di Baldini e Sabatini mira chiaramente ad un cambio di mentalità oltre che tattico, ed è questa la novità più interessante da seguire nei mesi che verranno. Roma è una realtà particolare: la tifoseria è calorosa, esigente, fa prestissimo a passare dalla esaltazione alla disperazione e viceversa. Insomma, la nuova dirigenza, nelle intenzioni, sta cercando di portare la Roma in una nuova e più ampia dimensione, meno provinciale. È questo il vero limite di un club arrivato troppe volte secondo.
Finora. Lo schema utilizzato da Luis Enrique è il 4-3-3: in difesa in due centrali (finora Burdisso e Cassetti, non utile al gioco sulle fasce dello spagnolo) sono molto alti, non solo per cercare il fuorigioco, ma anche per fare pressing sull’avversario, cui deve essere tolto immediatamente il pallone, visto che il gioco della Roma deve svilupparsi sul possesso palla. I due terzini (j. Angel e Cicinho) giocano molto alti, all’altezza del centrocampo. A loro è richiesto soprattutto di far allargare il gioco sulle fasce e e di sostenere la manovra d’attacco.
Il centrocampo a tre ha un fulcro centrale (De Rossi è perfetto, Viviani è il suo nuovo vice); i due intermedi che lo devono affiancare devono fa girare palla e sostenere la manovra d’attacco: il brutto è che a due giorni dalla fine del campionato e con otto centrocampisti a disposizione, non si sa ancora chi dovrà ricoprire questo ruolo. Eppure il centrocampo è determinate per il gioco di L.E., visto che deve far girare tanto la palla da una parte all’altra del campo per cercare i giusti inserimenti.
Infine l’attacco è il reparto veramente rivoluzionato: Totti è l’unico reduce della scorsa stagione (in attesa che Borriello se ne vada a Parigi); la punta centrale deve rientrare per favorire l’inserimento degli attaccanti esterni: Bojan e Lamela sono giovani di sicuro talento, ma tutti da verificare nel campionato italiano. Osvaldo, invece, sembra proprio destinato a prendere il posto di Totti. Tuttavia l’incertezza regna sovrana.
Le prime uscite di questa estate non sono state molto incoraggianti; anzi, l’eliminazione ai preliminari di Europa League ha già scatenato la tifoseria romanista e non senza ragioni.
Le novità e le incognite sono troppe però per poter capire dove potrà arrivare questa squadra. È certo che da qui parte un nuovo percorso, destinato ad alimentarsi nei prossimi anni, e solo il campo potrà dirci dove potrà arrivare.

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