Nessuno dimentichi Morosini!

È trascorso un anno da quel 14 aprile 2012. Un giorno che era iniziato come tanti altri e che, nel panorama calcistico, era pronto ad intrattenere milioni di italiani. Un giorno che invece ha finito in una manciata di minuti col produrre una luce tanto abbagliante da svegliare la nostra coscienza e riportarci alle solite vecchie riflessioni esistenziali, coinvolgendo noi, e non solo noi.

Morosini di Twitter

Il dramma di Piermario ha fatto presto a commuovere un Paese intero, perché quella che sembrava essere una brutta storia qualunque si è arricchita continuamente di elementi e particolari caratteristici che hanno permesso anche a chi non lo conosceva di delineare un’immagine abbastanza nitida del ragazzo, della persona. Morosini era un giovane tenero e sfortunato. Ma Morosini era anche un classico giocatore di Serie B: lo si poteva vedere infatti scorrazzare sui campi di sabato pomeriggio, e magari dimenticarsi dopo qualche ora il suo nome. Un nome che non diceva nulla ai tanti, ma che comunque era riuscito a costruirsi negli anni qualcosa.
Classe ’86, Piermario aveva cominciato nelle giovanili dell’Atalanta prima di passare all’Udinese, che gli permise l’esordio in Serie A. La sua carriera, però, è sempre stata movimentata: Bologna, Vicenza, Reggina, Padova, Livorno; il ragazzo non trovava mai una collocazione fissa, il carattere chiuso forse non lo favoriva e lo rispediva spesso alla base. Il frammento più importante della sua storia è rappresentato sicuramente da quell’Europeo Under 21 del 2009. Nonostante tutto gli fosse andato contro, anche nel calcio, quella volta Piermario poteva sentirsi finalmente grande in mezzo ai grandi: Criscito, Marchisio, Ranocchia, Giovinco, Balotelli. E Morosini.

L’Italia veniva rappresentata allora da giovani di belle speranze e Piermario, come gli altri, trasudava orgoglio nel difendere i colori della patria, consapevole, forse, che la vita tanto beffarda con lui avrebbe potuto negargli altre occasioni. Eppure, quei 26 anni non erano così tanti per l’ambiente cui apparteneva e che, chissà, avrebbe potuto puntare ancora su di lui.
La storia di Morosini è rimasta incompiuta, tagliata di netto lì dove non doveva finire. Che il destino potesse riservargli solo disgrazie è impensabile, ma non gli ha dato il tempo per riscattarsi. Non potrà più fare nulla, Piermario. Questa è l’ingiustizia più grande per la quale dovremmo gridare tutti la nostra rabbia in faccia alla vita.
Nella vicenda Morosini persino la retorica, che non si è fatta mai mancare in queste circostanze, risultava essere veritiera: abbiamo scoperto che Piermario era davvero un bravo ragazzo, buono e sensibile. Il suo proverbiale silenzio, che gli è stato tanto accreditato, era in realtà la prova più chiara della sua grandezza. Lui non è mai stato una vittima della vita, nonostante il suo vissuto, che non ha mai fatto pesare a qualcuno. È sempre stato intelligente nel trattare il suo dolore, che era appunto suo e che non doveva diventare anche degli altri. I ragazzi come Piermario, d’altro canto, non vogliono precludersi la possibilità di vivere come gli altri, di saper gioire e di guardare al futuro anche a dispetto di un presente non idilliaco. Morosini l’ha dimostrato con il suo sorriso, che non ha mai abbandonato. E che ha lasciato a noi come un meraviglioso esempio di vita.

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