Esclusiva-Pazienza: “Al Napoli manca qualcosina, ma è più passionale della Juve. Non giudico Higuain”

Il grande Napoli di oggi conserva ancora il lascito della gestione di Walter Mazzarri, che arrivando all’ombra del Vesuvio sette anni fa ha riportato stabilmente i partenopei in Europa. Uno dei protagonisti di quell’ascesa azzurra fu Michele Pazienza, che ha frequentato Castelvolturno dal 2008 al 2011, prima di trasferirsi alla Juventus. Pazienza ha rilasciato un’intervista in esclusiva a Soccermagazine parlando delle sue ex squadre e del proprio futuro.

Pazienza - Fonte: Steindy, Wikipedia
Pazienza – Fonte: Steindy, Wikipedia
Tu hai giocato nel Napoli quando ha iniziato ad attestarsi tra le prime posizioni in campionato: credi che da allora gli azzurri si stiano trascinando ancora dei difetti che impediscono la vittoria dello scudetto o l’ostacolo va ricercato nel passato più recente?
Io credo che da allora il Napoli abbia fatto una crescita notevole, quindi comunque il fatto di mantenersi in quelle posizioni non è semplice. Confermandosi sempre tra i primi posti ha confermato insomma un netto miglioramento. Poi per quanto riguarda la vittoria dello scudetto è qualcosa cui è andato molto vicino e per cui purtroppo gli episodi sono stati sfavorevoli, però credo che qualcosina manchi ancora, ma anche a livello di giocatori: manca magari un pezzo da novanta quale poteva essere anche Higuain, mantenerlo ed aggiungerne un altro a livello di nome, di leadership. Insomma, un passaggio che andava fatto.
 
Insieme ad altri tuoi compagni hai conosciuto un’esplosione sotto la guida di Mazzarri, tanto che Grava risultò essere il secondo miglior difensore del campionato dopo Nesta: credi che il tecnico sia più preparato dal punto di vista tattico o da quello motivazionale?
Io l’ho avuto e per me è molto preparato e riesce ad ottenere dai suoi giocatori il 110%.
 
Tu hai militato sia nel Napoli sia nella Juventus: quali differenze hai percepito tra le due squadre e i due ambienti?
Beh, sicuramente Napoli è una squadra e una città molto più passionale rispetto alla Juve. Alla Juve hanno quel vantaggio di essere abituati a vincere, di essere abituati a quelle pressioni che comunque il Napoli ha vissuto molto meno.
 
Hai mai creduto seriamente nella Nazionale durante gli anni di Napoli e Juventus?
Sì, solo nell’ultimo anno di Napoli in cui comunque ho fatto una delle mie migliori stagioni e c’era la possibilità di essere chiamato, ma così non è stato, e niente. Nel calcio funziona così e si va avanti.
 
In questi anni il Napoli ha dovuto affrontare diverse cessioni illustri: la prima fu quella di Quagliarella, forse il più legato alla maglia tra coloro che sono partiti. Durante il periodo alla Juve Fabio ha sperato in un ritorno in azzurro?
Sinceramente non lo so perché quando ci sono stato io non ne abbiamo mai parlato, non abbiamo mai affrontato l’argomento. Certo, per lui, essendo di Napoli, il fatto di poter tornare non penso che sarebbe stato un dispiacere, anzi. Però, ripeto, non abbiamo mai affrontato l’argomento e non mi sento di dare un giudizio.
 
Di recente abbiamo sentito Rinaudo (clicca qui per leggere), Aronica (qui) e Lucarelli (qui) e tutti e tre erano d’accordo sul fatto che quello di Higuain non sia stato un vero e proprio “tradimento”: anche tu la pensi così?
Per poter dare un giudizio bisognerebbe conoscere e sapere i fatti, ciò che è stato detto, ciò che è stato, insomma, realmente detto, perché comunque poi entrambi fanno il gioco delle parti: chi dice che era stato giusto prendere una scelta e poi ne ha fatta un’altra e chi viceversa. Solo chi sa, chi conosce realmente la verità può dare un giudizio e dire se effettivamente è stato un tradimento o meno, quindi non mi sento di dare un giudizio, non perché non voglia darlo, ma perché non conosco bene la verità. Se non si conosce bene la verità e si giudica solo per quel che si sente dire secondo me non è giusto.
 
Ieri il Napoli ha esordito vincendo in Champions: cosa ti ha colpito maggiormente nella prestazione degli azzurri?
Beh, più che la prestazione il risultato, perché quando una squadra che gioca spesso bene riesce a vincere anche giocando meno bene – perché non è che abbia giocato male, ha giocato meno bene rispetto a quelle che sono le sue abitudini – è un segnale molto positivo perché si impara a vincere. Poi la vittoria ti dà entusiasmo, ti dà morale, ti dà anche la capacità di recuperare più facilmente per le partite successive.
 
Adesso il reparto più completo del Napoli è forse quello che ti interessa di più, il centrocampo: che ne pensi di Rog, Zielinski e Giaccherini?
Giocatori molto bravi, alcuni in prospettiva, alcuni già da adesso. Molto utili negli schemi di Sarri. Rog sinceramente non lo conosco, però Giaccherini è un giocatore che può essere molto utile sia a centrocampo sia nella linea d’attacco. Zielinski è un giocatore che mi piace tantissimo: molto moderno, dinamico, riesce ad occupare gli spazi e ora è diventato anche aggressivo; io l’ho conosciuto ai tempi di Udine ed era meno aggressivo, un po’ più lineare, però già si vedeva che tecnicamente era un giocatore che poteva arrivare ad alti livelli. E’ migliorato moltissimo in questi anni e credo che l’acquisto sia azzeccatissimo.
 
Ai tempi della Fiorentina hai giocato insieme a Montolivo, che sembrava destinato ad essere il futuro del calcio italiano: conoscendolo, secondo te cosa ha frenato la sua crescita negli ultimi anni?
Beh, a volte si danno dei carichi molto pesanti a dei giocatori molto giovani. Poi se si parla di frenata per un giocatore che comunque milita nel Milan già da tanti anni, bisogna vedere anche i punti di vista. E’ un giocatore che comunque ha espresso le sue qualità, le continua ad esprimere ad alti livelli e, insomma, credo che non ci siano stati tutti questi freni. E’ un giocatore che fa parte anche della Nazionale, quindi penso che sia un giocatore di alto livello.
 
Tu sei molto legato anche all’Udinese: con l’esplosione del Sassuolo e la fine dell’era “Di Natale” credi siano cessate le aspirazioni europee dei friulani?
Non penso. Non penso perché la mentalità che ha la famiglia Pozzo è sempre quella di sorprendere, ma senza fare follie, però con il lavoro, negli anni. Ora magari avranno dei periodi di transizione, ma secondo me stanno già lavorando per il futuro come hanno fatto in passato e poi i frutti li raccoglieranno più avanti.
 
Per concludere, un auspicio per l’avvenire: negli ultimi mesi hai accettato di scendere in Lega Pro con la Reggiana: in quale categoria vedi il tuo futuro adesso?
Non lo so ancora. Ora mi sto allenando con il Manfredonia e in questi giorni deciderò se firmare e legarmi a loro e quindi fare questa nuova esperienza.
 
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