Esclusiva-Ricky Buscaglia: “Mazzarri è un gigante. Luis Enrique è quasi un rivoluzionario”

Il telecronista di Mediaset Premium Ricky Buscaglia ha concesso un’intervista esclusiva a Soccermagazine.it. Ha parlato innanzitutto del suo mestiere per poi discorrere del calcio giocato, di serie A e B.

Ricky Buscaglia fonte foto: profilo Facebook

Ricordi la tua prima tele/radio cronaca?
La prima radiocronaca onestamente no. Sicuramente una partita del Lecco in serie C, credo contro la Spal, negli anni Novanta. La prima telecronaca sì: Reggina-Cagliari 3-2 del 2004.

Come ti è nata questa passione?
Intanto mi sono ritrovato in casa un padre giornalista radiofonico. E poi da bambino ascoltavo “Tutto il calcio minuto per minuto”. Ero affascinato dalle voci di Ciotti e di Ameri. D’inverno mi inventavo improbabili trasmissioni radiofoniche: emulavo i giornalisti Rai, cercando pure di imitarne le voci, registravo tutto. D’estate giocavo in strada, commentando le azioni e sbagliando gol davanti alla porta. Quel che si dice un’infanzia difficile…

A chi ti sei ispirato?
Un po’ a tutti, non sono cresciuto con un solo telecronista mito. Anche se credo che il magnetismo di Federico Buffa non ce l’abbia nessuno.

Un consiglio per chi vuole fare il tuo mestiere
Veramente mi sento ancora in fase di crescita, mi pare presto per dare consigli. Posso solo dire che secondo me questo è un mestiere in cui occorre sbucciarsi le ginocchia. La teoria conta relativamente. Si impara lavorando, specialmente in ambienti piccoli dove ti ritrovi a fare tutto.

Passiamo al calcio giocato. In questi giorni è stato il compleanno di Luis Nazario da Lima Ronaldo. In una tua personale classifica dove lo collochi tra i bomber più forti di sempre?
Il Ronaldo di Barcellona e dell’Inter era impressionante. Con un paio di colleghi ogni tanto giochiamo a costruire la formazione ideale con i giocatori che abbiamo visto dal vivo. Pensa che tridente: Maradona dietro a Van Basten e Ronaldo. Non si scende nemmeno in campo…

Ritieni che il Napoli quest’anno lotterà ancora per grandi traguardi?
Ha idee chiare, è in crescita costante, Mazzarri è un gigante e c’è grande entusiasmo. Penso che giocare per il Napoli in questo momento debba dare davvero gran gusto. Ma spesso l’ultimo scalino é il più duro da salire. Forse per lo scudetto è presto, ma centrare almeno il terzo posto è un obiettivo credibile. E considerando la concorrenza non sarebbe niente male.

Pensi che il calcio di Luis Enrique sia adatto al calcio italiano?
Luis Enrique mi sembra Gene Hackmann nel film “Colpo Vincente”. Ribalto la domanda: il calcio italiano é pronto ad accogliere Luis Enrique? Perché paragonato al nostro sistema recente lui passa quasi da rivoluzionario: acquisti under 24, talento in ogni zona del campo, prolungato possesso palla, costante movimento, piedi buoni e pochi muscoli… Il modello Barcellona non é mutuabile, ma alcune idee che lo sorreggono sì. Luis Enrique deve operare una sintesi perché ogni tanto la palla lunga può risolvere problemi e talvolta difendersi compatti non è una vergogna. Ha una marea di nuovi acquisti, molti alla prima esperienza in Italia. Occorre pazienza. Solo non so quanto la piazza di Roma possa essere paziente. Però le rivoluzioni hanno bisogno anche di un colpo di fortuna per nascere: se a Belgrado non fosse scesa la nebbia su Stella Rossa-Milan, che ne sarebbe stato di Sacchi? Se Iniesta tre anni fa a Londra al 90esimo avesse tirato in curva, che ne sarebbe stato del Barcellona?

La situazione del calcio italiano risente dell’inadeguatezza di una legislazione ancora arretrata sul piano fiscale rispetto alle maggiori competizioni europee come Inghilterra e Spagna?
Può essere, ma le idee vincenti nascono pure senza una legislazione sul piano fiscale. L’ascesa del Novara, ad esempio, é stata programmata anni fa: Novarello ne è l’emblema. La Juve con lo stadio di proprietà ha avuto un’intuizione. De Laurentiis a Napoli ragiona per quinquenni. La nuova Roma ha scelto la via dei giocatori futuribili. Qualcuno in Europa è più fortunato, ma è sul campo che ci si confronta.

Secondo te la ricerca esasperata del calcio spettacolo, considerata come l’evoluzione del calcio europeo, ha penalizzato le squadre italiane, da sempre più attente alla fase difensiva?
Il problema principale è che in Europa quasi tutte vanno al doppio della nostra velocità. C’è molta più intensità, molto più movimento senza palla, persino più originalità nell’organizzarsi (Garrido al Villareal si è inventato il 4-4-2 senza esterni puri, geniale!). Passiamo per difensivisti perché spesso siamo costretti a difenderci. L’avvio di questa stagione, però, lascia ben sperare: il Napoli a Manchester è stato notevole, l’Udinese con più lucidità e un Sanchez accanto a Di Natale avrebbe eliminato l’Arsenal. E anche in campionato, in queste prime partite, mi pare che il ritmo si stia alzando.

Chiudiamo con uno sguardo alla B: pensi che il Torino quest’anno finalmente ritornerà in Serie A?
Ventura in panchina è il grande colpo, almeno ai playoff il Toro in qualche modo ci arriva. Ma il torneo è bellissimo, livellato verso l’alto. Samp e Padova le più attrezzate, Brescia e Reggina sono subito lì, Verona e Pescara giocano splendidamente, con Livorno ed Empoli occorrerà fare i conti, senza dimenticare le immancabili sorprese. E c’è posto solo per tre. Il Toro come le altre dovrà sgomitare.

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Raffaele Zanfardino

Direttore responsabile della testata.

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