Napoli, Cannavaro: “Vedo Mazzarri come Ferguson al Manchester. Scudetto? I sogni sono possibili”

“Orgoglio, orgoglio e ancora orgoglio di essere napoletano”. Con queste parole Paolo Cannavaro descrive alCorriere del Mezzogiorno la sensazione di indossare la fascia di capitano del Napoli, negli ultimi giorni finita al centro delle voci che la vorrebbero sul braccio del bomber azzurro Edinson Cavani.

Fonte: Danilo Rossetti http://www.foto-calcio-napoli.it/
Fonte: Danilo Rossetti http://www.foto-calcio-napoli.it/

Cannavaro, tutto sommato è solo una fascia che, all’occorrenza, in caso di squalifica o infortunio, viene anche spostata da un braccio all’altro.
“Lei scherza, immagino. In un momento in cui le bandiere nel calcio quasi non esistono mi sento ancora più legittimato ad averla. Nato a Napoli, tifoso del Napoli, col sogno Napoli. Col sangue azzurro. Scusi, ma chi la dovrebbe indossare se non io?”.

Negli anni si è parlato di Lavezzi, Hamsik, Cavani. Quelli che producono punti. Quelli che fanno i gol e da un altro punto di vista possono essere considerati leader.
“Giocatori fortissimi, ma loro stessi hanno sempre riconosciuto il mio ruolo di capitano del Napoli. Che poi, pensandoci, non è un ruolo da interpretare. E’ un sentire, è essere capitano del Napoli”.

Allora Bruscolotti sbagliò dandola a Maradona?
“Io non sono Bruscolotti e se il riferimento è a Cavani, Edi non è Maradona. Eppoi, non mi piace giudicare le scelte degli altri”.

Per chiudere, non la darebbe a nessuno nella sua squadra?
“Una sola persona potrebbe indossarla. Non è napoletano, ma la vera espressione di questo Napoli. Il nostro condottiero, l’anima della squadra: Mazzarri. Lui fisicamente non è in campo ma è come se ci fosse”.

Un bell’attestato di stima, ma Mazzarri non ha ancora rinnovato il suo contratto col Napoli. Il suo futuro potrebbe essere in un’altra squadra.
“Non lo so, ma spero davvero di no. Lo vedo come Ferguson e se il Napoli facesse come il Manchester United sarebbe veramente fantastico. Trovi una persona, un tecnico bravo e te lo assicuri per dieci anni. Certo, occorrono le volontà di entrambi”.

E’ il giorno del rientro in campo. Il destino le dice Parma, la squadra dove è stato sei anni e dove tredici anni fa esordiva al posto di suo fratello Fabio. Quasi un debutto.
“No, non lo considero tale. Ma un bellissimo rientro nella città che mi ha fatto crescere. Una pagina da libro cuore. Sono contento e anche emozionato”.

Come ha vissuto le domeniche da squalificato?
“La prima è stata bruttissima. Arrivai allo stadio, ma dopo cinque minuti andai via. Non ce la facevo, tanta era la rabbia per quello che mi era accaduto. Non volevo accettarlo, non potevo. Era una grande ingiustizia. Poi ho capito che dovevo esserci comunque. E, allora, ho scelto la vita da tifoso e sono andato in curva B” a vedere le altre partite. E lì non pensi alla squalifica, non riesci neanche a capire le azioni, la tattica, il modulo. Sono solo cori, grida, entusiasmo. E non solo al gol, ma ogni volta che il Napoli ha palla al piede. Fantastico, mi sono davvero sentito un tifoso qualunque. E libero”.

Poi il proscioglimento e la voglia di rientrare. La difesa senza Cannavaro aveva fatto bene. Ha mai temuto di aver perso il posto di titolarissimo?
“No. Ero felice perchè le cose andavano bene, ma sapevo che la nostra è una squadra con una identità di gruppo. Quel gruppo di cui faccio parte da anni. Credo di aver contribuito alle imprese del mio Napoli. E di aver meritato il mio posto. Poi, per carità, nel calcio ci sta anche di fare panchina. E se il mister decidesse così, non discuterei”.

Allenarsi senza giocare, pure è dura. Dove ha trovato la forza?
“Tutti mi sono stati vicini, la mia famiglia, i compagni e la società. Ma la vera forza dal punto di vista umano me l’ha data Mazzarri. Parlavamo tutti i giorni, mi sosteneva e mi incoraggiava. Davvero eccezionale”.

Eppure Mazzarri, all’esterno, non dà proprio questa impressione.
“Il mister è uomo vero oltre che grande allenatore. A lui non piace apparire”.

Napoli e Juve, qual è la differenza?
“Noi veloci, loro velocissimi. Noi bravi e loro bravissimi. Bisogna continuare e crederci”.

Credere in cosa?
“Non c’è bisogno di dire”.

Lo dico io: scudetto, sogno impossibile?
“I sogni sono belli e possibili. Se facciamo l’ulteriore salto di qualità e non sbagliamo nei momenti decisivi…”.

Che succede?
(ride) “Succede che finalmente diventiamo cattivi”.

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