Sampdoria: nel ricordo di Paolo Mantovani

L’uomo che ha cambiato il calcio e ha fatto di Genova una città di sport.

Paolo Mantovani, romano trapiantato in Liguria nel 1955, quando aveva 25 anni, di stoffa e personalità ne aveva da vendere già allora, quando sbarcò in quella che per caratteristiche sembrava proprio essere la patria ideale. La Superba, schiva e introversa ma allo stesso modo leale e generosa. Si, generosa, perché la diceria sui genovesi non rispecchia la realtà: attenti a preservare ciò che con dedizione al lavoro si è riusciti a costruire, ma caritatevoli nell’animo. E lui era così. Una persona che faceva della correttezza, della signorilità le sue facoltà migliori; lui che, alla firma sui contratti preferiva la parola data. Si avvicinò al calcio nei primi anni ’70 entrando alla Sampdoria come addetto stampa, per diventarne poi il presidente nel 1979. Iniziò così quella che si può definire una delle più belle storie d’amore del calcio italiano che non si interruppe neppure, il 14 ottobre 1993, con la prematura scomparsa. Oggi, dopo tanti anni, viene ancora ricordato con un affetto e una riconoscenza immutata nel tempo che, solitamente, contraddistingue solo chi in vita ha fatto qualcosa che non può essere dimenticato. Fece conoscere la squadra blucerchiata in tutto il mondo grazie ai tanti trionfi sul campo, ma soprattutto costruì la sua società come se fosse una grande famiglia; lui padre di tanti figli (calciatori e tifosi) da instradare nella giusta via con regole e insegnamenti, ma anche da proteggere e gratificare: “l’isola felice” del calcio italiano, un pianeta a parte.
Oggi avrebbe compiuto 83 anni e più che commemorare la morte, preferiamo ricordarlo nel giorno del suo compleanno, come se fosse ancora qui a guardare la sua creatura, con quel sorriso dolce e paterno. Auguri Presidente.