Serie A, Frey ricorda l’esperienza italiana: “Ho lavorato come un matto per mantenere il posto”

Sabastien Frey ha annucniato il suo addio al calcio e, in un’intervista a So Foot, ha ripercorso tutta la sua lunga carriera agonistica. Le sue dichiarazioni sono riportate da FcInterNews.

Sebastien Frey fonte foto Wikipedia - AssassinsCreed
Sebastien Frey fonte foto Wikipedia – AssassinsCreed

 

Frey si concentra a lungo sulla sua avventura interista: Il Cannes non se la passava bene e dovette vendere i suoi giocatori migliori per superare i controlli della DNCG (Direction Nationale du Controle de Gestion). Un giorno mi dissero che c’era un osservatore dell’Inter venuto a studiarmi. Poi lo incontrai, era Walter Zenga! Io non parlavo italiano, lui non parlava francese, ma riuscimmo comunque a capirci. Poi l’Inter mi invitò a vedere una partita degli ottavi di finale di Coppa Uefa contro lo Straburgo, il 3-0 dopo lo 0-2 dell’andata. Ero un ragazzino di 17 anni e mi trovavo in un San Siro infuocato, nella tribuna presidenziale che è ancora più calda. Mi offrirono la giacca del club e dopo la partita mi portarono negli spogliatoi. C’erano Ronaldo, Djorkaeff… Il giorno dopo firmai il mio contratto!”.

Arrivato all’Inter insieme ad altri suo connazionali, Frey racconta: ”Eravamo io, Ous Dabo, Papus Camara e Micka Silvestre. Abbiamo avuto la fortuna di trovare lì Benoit Cauet che ci diede una grossa mano. Un ragazzo d’oro! Non dimentico Djorkaeff né Taribo West. Campioni, ma ragazzi molto semplici e umili”.

Frey è attualmente in terzo straniero in in Italia di tutti i tempi:“È un peccato se ne parli così poco in Francia, perché penso sia una bel traguardo riuscire a imporsi in un campionato all’estero, per di più come portiere, un ruolo storicamente ‘protetto’ in Italia. Ho dovuto lavorare come un matto per mantenere il mio posto”.

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