Dalla Lega Pro alla Serie A: il doppio balzo del guerriero Frosinone

“Fert concitus inde per iuga celsa gradum, duris qua rupibus haeret, Bellator Frusino” (“Di lì procede con passo veloce attraverso cime elevate, dove alle robuste rocce rimane attaccato, il guerriero (di) Frosinone”).

Fonte: Syd00 (Wikipedia)
Fonte: Syd00 (Wikipedia)

Da questo passo di Silio Italico (Punica, 12, 39) viene fuori il carattere d’acciaio di Frosinone e dei suoi cittadini fin dall’antichità, quando Annibale si preparava a mettere a ferro e fuoco il territorio laziale. E così recita lo stemma della città, accompagnato da un leone, simbolo per eccellenza del coraggio e della forza. Dal campo di combattimento al campo di calcio: il guerriero di Frosinone e i guerrieri del Frosinone. Ciò che secoli di storia dividono, carattere e volontà uniscono. La storia del Frosinone Calcio è lunga 87 anni ed è come una fiaba della buonanotte, che si può raccontare ai bambini, perché ha il lieto fine, il finale che i tifosi desideravano: la Serie A. Per la prima volta, una squadra ciociara è riuscita ad approdare nella massima serie, unendo a questo record l’orgoglio di averlo fatto ad una giornata dal termine, senza dover affrontare i play-off e a discapito di squadre con alle spalle anni di militanza in serie A: Bologna in primis. I Ciociari hanno replicato l’impresa del Carpi: profetiche (ma al contrario) le parole di qualche mese fa del presidente della Lazio Lotito.
La “rinascita” parte dalla stagione 2012-2013, quando sulla panchina dei Canarini viene chiamato l’ex Roberto Stellone, punta ciociara dal 2009 al 2011. La prima annata termina con un settimo posto in Lega Pro, ma quella successiva (2013-2014) con la vittoria dei play-off e il ritorno nella serie cadetta dopo quattro anni. Si torna in serie B, primo obiettivo: la salvezza, questo si chiede ad una neopromossa e questo ribadisce l’allenatore romano in ogni intervista. Profilo basso e testa bassa: la stessa squadra dell’anno precedente (più il fortunato innesto di Federico Dionisi) lavora e macina terreno, tanto da ritrovarsi prima in classifica nella fase iniziale della stagione; per poi subire un periodo di crisi tra fine dicembre e metà febbraio (sconfitte con Crotone e Brescia, pareggio con Spezia, ancora sconfitta con Bari, e Avellino). Ma punto di svolta è la partita della trentunesima giornata: il match casalingo con l’Entella. Nonostante il pareggio agguantato in extremis dai biancocelesti, l’ottima prova dell’ex Livorno (autore di una doppietta) e compagni ha mostrato un mix di ingredienti perfettamente dosati (sicurezza, decisione, precisione) e una significativa inversione di rotta. Comincia, infatti, un arrembante assalto al secondo posto, conteso da “veterane” quali Bologna e Vicenza, che viene conquistato il 28 aprile con la vittoria esterna sulla Ternana e consolidato nella giornata successiva con il 2-1 rifilato ai Felsinei al Matusa. Sì, il Matusa, una sorta di Juventus Stadium in versione ridotta: un fortino che quasi nessuno riesce ad espugnare, che suggestiona con il suo tifo avvolgente e sanguigno. “Al Matusa non si passa”: è lo slogan dei Canarini, pienamente dimostrato nell’arco della stagione, fatta eccezione per la diciassettesima giornata: ironicamente a causa proprio della Ternana.
La conquista della massima serie non rappresenta soltanto un riscatto calcistico, ma anche sociale per la Ciociaria: la dimostrazione che anche da un territorio di provincia, una piccola frazione del Lazio, può venire fuori un’eccellenza. Ben arrivato, Frosinone, in A!

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