Esclusiva-Frey: “Donnarumma altalenante, per l’Inter preferisco Meret”

La Serie A ha sempre avuto la fortuna di poter vedere passare sui propri campi grandi portieri. Si tratta forse del ruolo più particolare del fantastico gioco del calcio, per certi versi il più difficile. L’ultimo baluardo che separa gli avversari dal gol, spesso il primo capro espiatorio per una sconfitta, solo di rado il più celebrato.

Ma per essere dei grandi portieri bisogna avere un carisma e una personalità forse superiore a qualsiasi altro ruolo perché in fondo sai che se ti trovassi solo in un uno contro uno con un avversario nessun compagno potrà aiutarti quella porta. Perché sai che, in fondo, devi essere tu a trasmettere sicurezza a tutta la squadra, perché un portiere in forma fa paura a tutti, a prescindere da chi ti trovi davanti.

Frey di Ultraslansi, Wikipedia
Frey – Fonte immagine: Ultraslansi, Wikipedia

In Italia di portieri forti ne sono passati tanti e anche nei primi anni 2000 alcuni dei migliori estremi difensori d’Europa e del Mondo militavano nel nostro campionato. Tra questi c’era sicuramente anche Sébastien Frey, un portiere che, per quanto forse sia stato meno celebrato dai media rispetto ad altri colleghi, non per questo è risultato meno decisivo o amato dai tifosi. A Parma e Firenze ancora oggi, a distanza di anni, in molti ricordano con grande piacere l’estremo difensore francese ed è davvero impossibile riuscire a trovare una sua maglia sul web ormai.

Ma Sébastien Frey è anche quel legame con l’Inter iniziato quando era solo una giovane promessa e che, nonostante un viaggio lunghissimo, non si spezza nemmeno oggi: il francese infatti come tanti altri suoi ex colleghi fa parte della squadra di leggende del club nerazzurro e rappresentato quei colori in tutto il mondo. Noi di SoccerMagazine.it abbiamo contattato in esclusiva Frey per parlare con lui della sua carriera, del suo presente e dei portieri che oggi difendono i pali dei maggiori club del nostro paese.

Sébastien Frey e l’Inter, un rapporto che continua anche ora. Che ricordi conservi dell’esperienza in nerazzurra?

Un ricordo bellissimo. L’Inter è stato il mio primo grande amore. Dopo la stagione in Serie A francese fare un salto di qualità così grande è stato incredibile. Nel ’98 i nerazzurri erano senza dubbio tra le squadre più forti al mondo visto che poteva contare su giocatori fantastici come il “Fenomeno” Ronaldo o Roberto Baggio. È stata un’esperienza stupenda e molto utile alla mia crescita sia umana che come calciatore, perché potersi allenare ogni giorno con quei fuoriclasse era incredibile. Dopo sei mesi che mi trovavo all’Inter alcuni mi chiesero “sei un portiere promettente. Perché non vai in qualche altra squadra per poter giocare?” ma io rispondevo sempre che un allenamento con l’Inter dovendo affrontare gente come Ronaldo, Baggio, Zamorano, Zanetti e Simeone equivaleva a giocare due o tre partite da titolare in un campionato magari inferiore. Il primo anno era giusto crescere e ho imparato davvero tanto.

Eri molto giovane quando sei arrivato a Milano e hai trovato in squadra con te Pagliuca. Cosa ti ha insegnato l’ex portiere nerazzurro durante quel periodo?

Ti rispondo col cuore. Ero un ragazzino promettente quando arrivai, mentre Pagliuca tornava dal Mondiale del ’98 in cui, tra le altre cose, fece molto bene. Mi ha aiutato tantissimo, mi ha dato tanti consigli e anche a livello umano è subito stato molto gentile e disponibile con me. Ho imparato moltissimo sia da lui che dal “Giaguaro” Luciano Castellini, che era il nostro preparatore dei portieri, considerando anche che passavamo tutti e tre intere giornate assieme. Luciano mi trattò come se fossi suo figlio e Gianluca, pur essendo un campione affermato, mi ha aiutato con pazienza e grande affetto.

Parliamo anche di attualità. All’Inter di portieri molto forti negli ultimi anni ne sono passati davvero tanti. Cosa ne pensi di Samir Handanovic?

Abbiamo giocato contro per molti anni. Quando arrivò in Italia era un buon portiere con un grande potenziale, aiutato anche da un fisico importante e dal suo coraggio nel non tirarsi indietro per le uscite. Quando è arrivato all’Inter poi è riuscito ad adattarsi subito bene e a prendere in mano la squadra. Tutt’ora risulta spesso decisivo con le sue parate. È un leader silenzioso, ma ha grande carisma e la fascia da capitano che indossa la merita.

Sei arrivato anche tu in Italia da giovane promettente prima di crescere e, specie negli anni di Parma e Firenze, diventare uno dei migliori nel tuo ruolo della Serie A. Parliamo proprio di quegli anni. In cosa erano diversi il Sébastien Frey di Parma e quello della Fiorentina?

A Parma credo si possa dire che sia arrivata la mia vera consacrazione. Lì sono diventato un portiere di fama internazionale anche grazie alla squadra con cui giocavo, perché negli anni in cui avevamo Adriano e Mutu davanti avevamo una squadra di primissimo livello e anche io sono migliorato tanto per stare al passo, anche se forse dal punto di vista della maturità magari mi mancava qualcosina. Cosa che però ho raggiunto a Firenze, complice anche l’esperienza e l’età. Anche lì abbiamo creato un grande team e il mio livello credo si sia alzato. Il fatto che molti, in quegli anni, mi considerassero tra i migliori portieri d’Europa in compagnia di gente come Julio Cesar, Dida, Buffon, Cech e Casillas mi emozionava e rendeva orgoglioso. Tutto ciò pur faticando con la mia Nazionale, quindi ogni riconoscimento l’ho dovuto sudare doppiamente. Però ciò che è importante è quando la gente lo riconosce.

C’è un rimpianto che hai riguardo la tua carriera?

Non ho rimpianti sui miei trasferimenti perché ho sempre deciso io. Non è mai dipeso da fattori esterni e ho avuto sempre la forza e la possibilità di scegliere. Il grande rimpianto che ho, semmai, è la Nazionale. Come ti dicevo per fare il grande salto di qualità e pensare di poter diventare il più forte nel proprio ruolo ovviamente è importante essere titolare nella propria Nazionale. Io quella maglia l’ho indossata poche volte e mi dispiace perché non ho avuto molte possibilità. Ciò dipende ovviamente da tanti fattori, come la generazione o le scelte dell’allenatore. Avrei voluto confrontarmi a livello internazionale con i miei colleghi anche in questo senso.

Da ex portiere guardi molto anche alla tecnica individuale di chi oggi difende i pali delle squadre italiane. Facciamo due nomi: Donnarumma e Meret, portieri rispettivamente di Milan e Napoli e probabile ballottaggio della futura Nazionale italiana. Cosa ne pensi?

Credo che Gigio abbia tutte le qualità per essere un grandissimo portiere ma deve migliorare dal punto di vista mentale. A volte ha prestazioni troppo altalenanti e non è possibile per un portiere che ha un potenziale del genere. Cosa che invece ritrovo molto meno in Meret. Gioca in una piazza molto difficile e calda come quella di Napoli, però sta facendo molto bene. È una bella sorpresa e credo che se la prossima stagione dovesse fare una stagione intera da titolare potrà far vedere ancor meglio il suo valore e a quel punto anche a lui potrebbe ambire al posto da titolare in Nazionale e lì ci sarà una bella sfida tra due giovani portieri veramente molto promettenti.

In Nazionale così come nella Juventus c’è il duro compito di raccogliere l’eredità di Gigi Buffon. Cosa ne pensi di questo primo anno ufficialmente da titolare di Szczesny coi bianconeri?

Per me ha fatto bene. Non è un ragazzino, è un portiere di grande esperienza, aveva già fatto vedere diverse cose belle sia con la maglia della Roma sia, quando ne ha avuto la possibilità, con l’Arsenal. È in Nazionale da anni. Ha sempre fatto bene, quando poteva è stato decisivo e ha fatto tante parate importanti. Secondo me ha fatto una stagione più che positiva in un momento non facile. Alla Juve così come in Nazionale arrivare dopo Gigi è davvero difficile, perché parliamo di un portiere che ha vinto tantissimo e che è entrato nella storia. Non sarà mai facile evitare il paragone e bisogna avere le spalle larghe ed una grande forza mentale, cosa che serve non solo per la Juve ma appunto anche per gli azzurri.

Ipotizziamo. Al momento che, per motivi anagrafici, Samir Handanovic dovesse smettere di difendere la porta dell’Inter e i nerazzurri ti chiedessero un consiglio, quale giovane portiere gli suggeriresti?

Samir invecchia come tutti noi e quindi è normale che magari fra due o tre anni l’Inter possa guardarsi in giro per la sua eredità. Il valore di Samir non può e non deve essere messo in discussione ma è una cosa normale, tutti cresciamo negli anni. Così, su due piedi, questo Meret mi ispira tanto. Sono curioso di vederlo, come dicevo, per una stagione intera da titolare quindi aspetto l’anno prossimo. Però è giovane, il talento ce l’ha. E un calciatore del genere non mi dispiacerebbe affatto per l’Inter.

Sébastien Frey oggi. Fai parte del progetto “Inter Forever”, raccontaci però un po’ la tua vita oggi…

Prima di tutto sto facendo il padre perché ho appena avuto una bambina ed è il lavoro più bello del mondo. Mio figlio invece ha 17 anni e gioca nel settore giovanile del Chievo, l’anno prossimo dovrebbe far parte della Primavera e voglio stargli vicino. È un ragazzo straordinario, ama il calcio e ha anche talento (è un esterno ndr), se il suo desiderio è quello di provare a diventare un professionista in questo mondo è giusto che ci provi, ma non voglio che arrivi per il nome che indossa ma per le qualità che ha e che già sta facendo vedere. Lo vado a vedere spesso e gli sto vicino. Poi, appunto, partecipo frequentemente ai progetti legati alla squadra delle leggende dell’Inter. Credo sia proprio questo il bello e la grandezza di questa società: che tu abbia indossato un anno o vent’anni la maglia dell’Inter tu sei trattato nello stesso modo. Quando arrivi lì la prima cosa che ti dicono è: “Tu hai indossato la maglia nerazzurra, l’hai onorata e rispettata quindi è giusto che tu faccia parte della storia di questi colori e che prenda parte a questo progetto”. Sono molto orgoglioso di tutto ciò e ringrazio l’Inter per questa idea e per questa possibilità. Collaboro per progetti simili anche con la Fifa e con la Nazionale francese. Facciamo queste partite in giro per il mondo ed è sempre piacevole, anche se ovviamente porta via un po’ di tempo. L’ultima trasferta in Cina l’ho dovuta saltare a causa di un problema fisico però già in estate ce ne sono alcune in programma e se dovessi star bene parteciperò con grande piacere. Poi, di tanto in tanto, mi invitano anche in programmi televisivi e comunque è sempre un piacere poter essere chiamato a parlare di calcio. Il risultato è che sono spesso impegnato quindi non c’è tempo per annoiarsi. Oltre al fatto che ricominciare a fare il papà ti porta inevitabilmente via del tempo per quanto sia piacevole e al momento la mia priorità è proprio questa.

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