Errare è umano, perseverare è Lazio

Errare è umano, perseverare è Lazio. La parafrasi del noto detto è probabilmente la migliore sintesi dell’ennesima sciagurata nonché incomprensibile campagna acquisti biancoceleste. Necessitava un acquisto per reparto. Difesa, centrocampo e soprattutto attacco.

Calciomercato
Fonte immagine: Danilo Rossetti

L’immediato arrivo di Biglia e Felipe Anderson ha illuso. Quello di Novaretti e Vinicius ha fatto suonare il primo campanello di allarme. La pantomima Yilmaz ha scritto l’ennesima pagina nera del calciomercato gestione Lotito da tramandare ai posteri. Per non parlare del capitolo Berisha, destinato ad avere strascichi anche a trattative concluse.

Alla fine del mercato estivo, con tutto un girone di campionato da affrontare, nonché il girone di Europa League che inizierà a metà settembre e si concluderà a dicembre, la Lazio ha davanti a se quattro mesi cruciali per le sorti nazionali ed europee da affrontare con una rosa che, se possibile, è stata indebolita rispetto allo scorso anno. Senz’altro, è sicuramente più debole rispetto a quella di Juve, Milan, Napoli, Inter, Fiorentina e Roma.

Come è pensabile far tirare il fiato a Dias, Biava e Cana puntando sull’inadeguatezza di Novaretti solo perché svincolato. Perché cedere una sicurezza come Bizzarri per una scommessa come Berisha sul quale, oltretutto, pende il rischio squalifica per la questione Chievo che espone ad avere come unica alternativa a Marchetti il portiere della primavera. Perché non presentare Felipe Anderson per quello che è ovvero una scommessa chiamata, insieme all’uomo di cristallo Ederson, a non far rimpiangere lo squalificato Mauri. È soprattutto perché rinunciare a compiere il salto di qualità affiancando a Klose un punta di livello tanto più che, con i mondiali alle porte, tra i supporter biancocelesti aleggia il terrore che il seppur generalmente inappuntabile bomber tedesco possa verso marzo mollare la presa per essere certo di poter inseguire i suoi record mondiali.

Il ritorno di fiamma per Yilmaz è quanto di più illogico e grottesco potesse verificarsi in sede di trattative. Perché mai un presidente che si vanta di aver acquistato più di tutti ma che tra svincolati e prestiti con diritto di riscatto opzionale, ha speso effettivamente 15 milioni (Biglia e Felipe Anderson) incassandone quasi altrettanti dalle cessioni di Kozak, Rozzi e Zarate, avrebbe dovuto spendere 18 milioni di Euro per portare a Roma un giocatore che lo scorso anno si rifiutò di acquistare per meno di un terzo? Perchè non prendere subito quel Gilardino o quel Quagliarella dati per opzionati per salvaguardarsi da un fallimento della trattativa Yilmaz salvo poi scoprire che quegli stessi giocatori erano si al centro di trattative di mercato ma erano trattative che non vedevano minimamente coinvolta la Lazio? Perchè nonostante tutto ciò vendere Kozak che comunque lo scorso anno è stato capocannoniere di Europa League, decidendo di rimanere con i soli Klose e Floccari e le scommesse Perea e Keita (vedremo quante volte la giovane promessa avrà occasione di scendere in campo) reintegrando i reietti Sculli ed Alfaro? Perché, in definitiva, dare l’ennesima coltellata sportiva ad una tifoseria che sarebbe stata pronta a fare un passo incontro al presidente tanto contestato a fronte della vittoria in Coppa Italia ed una campagna acquisti decente ma mirata?

La verità molto semplice e sicuramente comprensibile, potrebbe essere che nella realtà non ci sono i soldi dalle parti di Formello per portare avanti certe trattative. Ma allora, se cosi fosse, basta proclami, comizi e dicerie. Basta sbandierare ai quattro venti che si sono acquistati otto giocatori facendoli passare per Messi quando le qualità sono tutte da verificare. Basta proclamare l’intenzione di piazzamenti Champions quando si affronta una stagione con due attaccanti appena. Basta reclamare il pienone allo stadio per una vittoria in Coppa Italia ogni quattro anni. Basta prendere in giro quel popolo che esige una sola cosa: chiarezza!
Perché non sfugga mai che la gente biancoceleste è quella degli ottantamila di Lazio-Vicenza con il gol di Fiorini a salvarla dal baratro. È quella degli spareggi di Napoli con il Campobasso ed il Taranto. È quella che ha riempito l’Olimpico durante la gestione Longo con il fallimento ad un passo. È quella pronta a dare tutto quando c’è da stringere i denti. È soprattutto quando non si sente presa in giro.

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