Idee Partenopee: Bruno Gaipa su Napoli-Siena

Stagione in archivio. O almeno in attesa della finalissima di Roma. Campionato contraddistinto da alti e bassi, da luci e ombre, specchio di un Napoli molto umorale, incredibilmente gigante contro illustri avversari e inspiegabilmente abulico contro squadre di minor blasone.

La Champions ha portato via energie mentali e fisiche, ha creato aspettative eccessive rispetto ad un organico che non è mai stato completo fino in fondo per eccellere in tutte le competizioni.
Alla fase difensiva, quest’anno in evidente involuzione, sono mancati sicuramente un centrocampista stile Yebda, e un cursore di fascia alternativo al trio Maggio, Dossena, Zuniga. Non tanto perchè i reparti hanno funzionato male. Altrochè. Ma perchè giocare 50 partite con gli stessi 14-15 può logorare gli stessi. Un maggiore ricambio di qualità avrebbe consentito anche una maggiore riserva psico fisica.

Ma queste sono considerazioni che non vogliono criticare o denigrare il lavoro fatto dalla dirigenza azzurra. Anzi. Vanno fatti complimenti allo staff tecnico che in 2 anni ha alleggerito una rosa “inutilmente” ampia, e creato i presupposti per il futuro (Fernandez, Vargas) mantenendo la struttura vincente del ciclo De Laurentissiano. E’ chiaro però che Chavez, Fideleff, Santana, Donadel devono portare almeno a riflettere su un aspetto: se un calciatore non è funzionale al tecnico che hai in rosa, che senso ha acquistarlo?

Queste le premesse da cui partire per programmare una stagione in cui, per il terzo anno consecutivo, comunque saremo impegnati su 3 fronti. Magari stavolta davvero potremmo fissare come obiettivo arrivare fino in fondo al 15 maggio, a giocarsi il trofeo all’Amsterdam Arena. E con la maturità raggiunta in questi primi 2 anni di Europa, stavolta avremmo più malizia calcistica per provare a recitare un ruolo da veri protagonisti. Naturalmente sappiamo tutti che la Champions è lo scenario più gratificante, ma anche la competizione del giovedì può continuare a dare lustro e crescita al marchio Napoli, specie se si punta alla vittoria del trofeo.

Ora c’è una finale importantissima: innanzitutto per evitare i play off di Europa League cui ci costringe la quinta posizione in classifica, e poi per aricchire un po’ la bacheca. E già l’amarezza del campionato potrebbe essere immediatamente addolcita dalla conquista di un trofeo che manca nel nostro albo d’oro da ben 25 anni. E poi sottrarlo alla nemica storica, ancora sbronza di festeggiamenti potrebbe aumentarne la goduria calcistica.

Il finale vorrei dedicarlo al pocho. La gara col Siena potrebbe per molti essere stata l’ultima di Lavezzi in maglia azzurra. Sulla base di rumors di mercato, fondati e non, verificati e non, legittimati e non. A prescindere da quale sia la verità, che nessuno potrà conoscere prima del 20 maggio, trovo ingeneroso averlo fischiato, e soprattutto durante la gara. Ognuno dei calciatori, indossando la maglia si fa interprete e promotore del nostro credo Napoli. E fin quando è in campo per rappresentarlo, fischiarlo significa denigrare la maglia che indossa, demotivarlo, allontanarlo. Lasciamo che le cose accadano. Tiriamo le somme quando le notizie sono ufficiali, perchè a volte i processi all’intenzione possono cambiare la storia di un rapporto. Fino a che il pocho indosserà la “22” azzurra è bene aplpaudirlo e sostenerlo, ringraziandolo per tutto quello che ha regalato alla nostra città in cambio di una popolarità che certo da nessuna’altra parte avrebbe avuto. Ma fino a che non decide di cambiare, fischiare Lavezzi, che dir si voglia, significa fischiare se stessi, fischiare Napoli, fischiare il progetto azzurro e rinnegare 5 anni in cui abbiamo comunque sognato e cui siamo emozionati con i suoi scatti e con i suoi dribbling. Dimenticarlo prima ancora che lasci, significa farsi lasciare prima ancora di farlo decidere.

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