Lazio: 34 anni fa si spegneva Vincenzo Paparelli, vittima del calcio negli “anni di piombo”

Roma-Lazio, 28/10/1979, si gioca il derby d’andata.
LA STORIA – Vincenzo Paparelli è seduto in Curva Nord, felice di poter assistere al derby con sua moglie. Una vera botta di fortuna, quella capitata al 33enne laziale: il fratello, lui romanista, non può andarci causa impegno inderogabile, così i biglietti finiscono in mano a Vincenzo.

Fonte: Riccardo Cotumaccio
Fonte: Riccardo Cotumaccio
Il cielo è plumbeo, minaccia pioggia. Il clima però è rovente: dalla Sud partono due razzi di segnalazione, che si perdono fuori dallo stadio con una traiettoria a zig-zag. Ma non sono finiti, e il terzo risulterà fatale per Paparelli: dopo essere stato acceso, il razzo compie una traiettoria di 150 metri e centra il povero tifoso. In pieno, nell’occhio. Il ragazzo si accascia sulla moglie, che chiede aiuto. Molti, terrorizzati dal sangue e dal fumo del razzo, si fanno indietro. Ad un certo punto un coraggioso prova ad estrarre il razzo del cranio di Vincenzo, ma non ci riesce completamente: Paparelli viene portato di corsa all’Ospedale Santo Spirito, al quale non arriverà vivo.
LA REAZIONE – I laziali, inferociti, non vogliono far disputare la partita. Il capitano Pino Wilson si reca sotto la Curva Nord per ascoltare qualche tifoso, ma non comprende granché, a causa dell’agitazione generale. La partita verrà giocata lo stesso e terminerà 1-1 in un clima più che surreale, con reti di Zucchini e Pruzzo.
IL COLPEVOLE – Dopo qualche breve indagine effettuata dalla Polizia, il colpevole viene identificato: si tratta di Giovanni Fiorillo, imbianchino, di 18 anni. Il giovane si da alla macchia, vivendo da latitante per 14 mesi prima di costituirsi. La Legge gli affibbierà 6 anni e 10 mesi di reclusione per omicidio preterintenzionale nel 1987 e, sei anni dopo, morirà a causa di un male incurabile.
IL DOLORE – Il 31 Gennaio 1995 il fratello di Vincenzo, Angelo Paparelli concederà un’intervista al Corriere della Sera. Lui, romanista, non andò a vedere la partita. Eccone uno stralcio: “Gli avevo dato la mia tessera della Roma… Mio fratello era felice di andare a vedere la sua Lazio… Io invece preferii rimanere accanto a mia moglie che allora era incinta. Purtroppo da quel 28 ottobre è stato detto e scritto moltissimo ma non è cambiato nulla. Pensate, ancora oggi, poco prima del derby ricevo telefonate di insulti, e poi gli slogan sono sempre gli stessi: ‘10 100 1000 Paparelli’ oppure ‘Il 28 ottobre festa nazionale’. Anche se a Roma abbiamo fatto grandi passi in avanti, allo stadio si continua a rischiare la vita. Fino a nove anni fa ho continuato a rinnovare la tessera della Roma poi basta perché le mie condizioni fisiche non mi consentono di andare all’Olimpico”.
L’ATTUALITA’ – Come anticipato nel paragrafo precedente, il tema-Paparelli continua a far discutere anche con l’andar degli anni a causa delle continue provocazioni scritte dai tifosi romanisti, su muri e quant’altro. L’ultima, in ordine di tempo, scritta Sabato scorso al Verano, recita: “28/10/1979 – 28/10/2013: il tram dei laziali è 28… Sparato. 10, 100, 1000 Paparelli“. Ben più clamoroso invece, fu lo striscione apparso proprio in Curva Sud qualche anno fa: “Paparelli te stai a perde i tempi belli“.
A questo punto, prendere le distanze da queste “alzate d’ingegno” sembra veramente l’unica cosa da fare. E non dare importanza a questi tifosi. Silenzio, serve solo silenzio in segno di rispetto. Quel silenzio che da 34 anni, Vincenzo Paparelli, è costretto a vivere.

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