Napoli, Jorginho si racconta: “Quando vivevo con 20 euro a settimana. Napoli punto di arrivo”

Jorge Luiz Frello Filho, più semplicemente Jorginho, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere Dello Sport. Il centrocampista del Napoli ha raccontato la sua vita calcistica e non.

Fonte: Danilo Rossetti  (foto-calcio-napoli.it)
Fonte: Danilo Rossetti
(foto-calcio-napoli.it)

Ecco le dichirazioni più importanti: “Mi ritrovai a duecento chilometri da casa e avevo poco più di tredici anni, in una scuola calcio gestita da due procuratori italiani e due brasiliani. Eravamo una cinquantina di noi, alloggiavamo tutti assieme. Volevo i miei genitori e se non fossero stati proprio loro ad opporsi, perchè sapevano che servono anche i sacrifici, non ce l’avrei mai fatta. E’ stata dura, ma ho resistito: ascoltai i loro consigli; m’è andata bene. A quindici anni, invece, sono arrivato a Verona, un Paese nuovo, lingua sconosciuta e la famiglia a ore e ore da me. Mi ritrovai in un convitto, mi davano anche la paghetta: venti euro alla settimana e diciotto mesi difficili, i più duri di sempre. Ma andai al Verona e quella città è diventata la mia seconda casa. Ho conosciuto tre persone che avrei piacere venissero citate: Nicola Fittà, che ora è il mio mental coach; Corrado Alban e il portiere del Verona, Rafael. Non potrò mai dimenticare ciò che hanno fatto per me, standomi al fianco, portandomi tra i loro figli, dandomi il sostegno necessario. Io ero nato per fare il calciatore, perchè in casa mia c’è sempre stato un pallone. Il vero fenomeno con il pallone in casa era mia mamma. Lei mi costringeva ad andare con lei in spiaggia a palleggiare: sulla sabbia è più complicato. Devo tanto al Verona e a Verona, che mi hanno aiutato a crescere. E’ stato un corso di formazione accelerato, mi hanno lanciato nella mischia, hanno creduto in Jorginho almeno quanto me. Poi è arrivato il Napoli e ho scoperto negli occhi della gente la soddisfazione per il mio arrivo. Io sono venuto qua per vincere e so che rischio di fare affermazioni banali. Ma c’è la storia del calcio, qui; calciatori di profilo elevatissimo e un allenatore che da solo è una garanzia: con lui si può puntare a qualsiasi obiettivo. E c’è una società che ha un progetto ma non per modo di dire: è nei fatti. E un pubblico che fa impazzire. Quando dico che mi piacerebbe essere un po’ Pirlo e un po’ Xavi non intendo paragonarmi a loro, ma spiego ciò che avverto nelle mie corde e che vorrei poter liberare. Però devo sudare, applicarmi, osservare e migliorare. Esclusione dall’Europa League? Io capisco Benitez e se non m’avesse lasciato fuori dalla lista si sarebbe trovato senza difensori. E’ chiaro che avrei preferito giocare, ma quando il mister m’ha parlato non c’è stato bisogno di spiegare. Avrò modo di farlo, se lo meriterò, al sabato, alla domenica. Intanto, contro lo Swansea ho sofferto come un matto; e comunque se dovessimo vincere la coppa, la sentirei anche mia, perchè io condivido ogni cosa con i miei compagni. E se dovesse vincere il Napoli in quel successo ci sarebbe anche Jorginho. Però adesso abbiamo la Roma, non so se è un vantaggio affrontarla senza De Rossi: so che possiamo ancora afferrare il secondo posto. Per quest’anno sarebbe un bel successo. Poi, più in là, nella stagione prossima, verificheremo se sarà possibile avvicinare la Juventus. Sta meritando, sta andando forte, ha qualità. Ma il Napoli ha fame e un giorno prima o poi…”.

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