Che fine ha fatto… Enyinnaya, da giustiziere a giustiziato

18 Dicembre 1999, una di quelle date che, Hugo Enyinnaya, protagonista della nostra rubrica, non dimenticherà facilmente.

© SoccerMagazine

Non sono passati neanche sette minuti dal fischio d’inizio di Bari-Inter, che dal cilindro di questo giocatore semi-sconosciuto, in campo solo per l’assenza di diversi calciatori, esce un tiro delizioso, scoccato dai 40 metri, che beffa Pagliuca, portiere nerazzurro. Sembra un predestinato, un campione certo, almeno per 81 minuti, quando poi, un altro talento della “cantera” biancorossa, con un goal, se possibile, ancora più bello di quello del nigeriano. Quel talento è Antonio Cassano di Bari vecchia. Era destino che da quella partita uscisse un solo eroe, quello non fu Hugo. Dopo quel goal subì  diversi infortuni, che lo portarono dalla A del dicembre del ’99, alla panchina in C1, con la maglia del Foggia, dopo una breve esperienza, sempre in prestito dai biancorossi, al Livorno. Nell’estate del 2004 si ritrova svincolato, senza una squadra, come “fagotto” quel goal splendido, che sembrava averlo consacrato al grande calcio. Tenta l’avventura in Polonia, la quale, come le altre, si conclude negativamente. Nel 2008 è di nuovo “a piedi”. Vuole l’Italia, sente la mancanza del Belpaese, e così decide di provare una nuova esperienza. Si propone in C e in D, ma nessuno sembra pronto ad accoglierlo, specie per le leggi riguardo gli extracomunitari, quando,nel gennaio del 2009, gli si apre una nuova porta, una porticina, neanche tanto accogliente, ma porta pur sempre al calcio italiano. L’Anziovalinio gli offre un contratto, per il campionato d’Eccellenza, lui accetta, al volo. Anche questa è un’esperienza fallimentare, la penultima, quella precedente al fallimento del Meda, sua ultima squadra italiana. All’inizio del 2010 Hugo smette di giocare a calcio, e torna in Nigeria. Le sue ultime dichiarazioni “italiane” lasciano intendere tutta l’amarezza del giocatore, ma soprattutto dell’uomo: «Sa una cosa? Se ripenso a quella partita non provo solo sensazioni positive. E’ vero che dopo quella sera tutti mi ripetevano che sarei diventato un grande, ma oggi, qui, a Meda, da giocatore di Eccellenza, con una paga da impiegato, se ripenso al Bari-Inter di 10 anni fa sono soprattutto triste. Segnai un gol da leggenda, potevo diventare un campione. Invece mi sono perso per strada». E nel seguito dell’intervista Hugo fa capire tutta la delusione per la sua carriera, durante la quale è stato ingannato (dal suo procuratore, che lo indusse a firmare una risoluzione del contratto, senza che Hugo sapesse cosa fosse), insultato («Mi viene da ridere quando sento parlare di razzismo in Italia: qui un nero se cammina per strada mica viene insultato. A me tiravano le banane e mi chiamavano scimmia, persino in squadra mi facevano sentire a disagio. Non mi consideravano uguale a loro. Avevo un chiodo fisso: scappare. Piuttosto sarei tornato in Nigeria, meglio essere poveri che infelici.). Questo è Hugo Ennyiannaya, un potenziale asso, una vera meteora.

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