Il cucchiaio che versa il latte su un ‘Pozzo’ di soldi.

Il giorno dopo è sempre un’incognita. Potresti affrontarlo col sorriso, ma devi essere preparato a viverlo con la rabbia di un’occasione persa, mal sfruttata, sfortunata.
Il giorno dopo ad Udine parla di un sole timido quanto tiepido, che ha paura a rivelarsi in pieno, conscio che nessuno potrebbe apprezzarlo fino in fondo; per cogliere la magia del sole bisognerebbe essere illuminati dentro, e tutti son pronti a giurare che le cose al momento non stanno cosi.

 

Mancano quattro minuti alla mezzanotte quando Francesco Guidolin e i suoi ragazzi si avviano fuori dal campo, ascoltato il triplice fischio dell’arbitro. Il Braga ha appena messo alle spalle di Brkic, visitatore incolpevole, l’ultimo dei rigori della serie, qualificandosi per la fase finale di Champions e sbattendo la porta in faccia dell’eliminazione ai friulani.
Come un anno fa, preliminare infelice, nudo e crudo che in bocca lascia l’amaro, sul volto lacrime di rimorso e nella mente il rimpianto di ciò che doveva/poteva essere.

Foto di GuidoRN – Wikipedia

La gioia di tre soli mesi fa per un traguardo, l’ennesimo, inaspettato quanto meritato, lascia spazio a volti sgomenti, mani nei capelli, parole spezzate a metà dall’incredulità del momento.
Tutti i tesserati si avviano a capo chino verso l’uscita, consapevoli che stanotte non si dormirà di certo.
Ai complimenti e alle pacche sulla spalla, ecco avvicendarsi la pioggia di critiche che, puntuale, arriva come fossimo in autunno, quando le foglie che cadono non fanno male ma danno fastidio.
Conosciamo tutti la politica dei Pozzo, e non stiamo qui a pronunciarci possessori di una verità assoluta, che non c’è mai, figurarsi adesso.

 

Come l’anno scorso, come quello prima, l’Udinese è riuscita a valorizzare oggetti sconosciuti, poco identificati, rendendo diamante ciò che non aveva neanche una forma, presentando al calcio europeo, a volte mondiale, una strategia manageriale che si tiene in equilibrio su un filo sottile; metà azienda metà squadra di calcio.
Via Asamoah e Isla, via Handanovic e Floro Flores,prosecutori di partenze illustri che avevano negli anni visto avvicendarsi i vari Inler, Pepe, Zapata e Felipe, D’Agostino e Sanchez. 
Nomi ad oggi utili solo per chi, cultore del ricordo, si diverte a metterli in campo, mischiandoli come fosse un fantacalcio, immaginando la squadra che sarebbe potuta essere e invece non è.
Mai una parola di troppo, mai un sorriso a metà, l’Udinese è questa e basta; consapevole Pozzo che il rovescio della medaglia potrebbero essere notti come questa.

 

Che valore hanno adesso le parole, le critiche, i ripensamenti? Nessuno.
E il senso di uno sport, seppur nella sua disfatta, lo si coglie nelle parole di chi ci ha messo la faccia, di chi crede che il calcio non si faccia con i soli giocatori, ma con la volontà, le idee, la convinzione di dare l’anima.
Del tecnico Guidolin che si presenta in lacrime davanti alle telecamere, che ammette gli sbagli e chiede scusa ai tifosi, parte lesa ma che non citerà nessuno in tribunale.
“Forse semplicemente non sono in grado di allenare una squadra in Champions League”; quanti avrebbero la sfacciataggine di una dichiarazione del genere?
“La politica del nostro presidente la conosciamo tutti. A volte dispiace perchè oltre ad andar via grandi calciatori vanno via grandi uomini e compagni di vita; ma le strategie della nostra società sono queste, questo il nostro modo di operare. Sono qui da cinque anni, la porta è sempre aperta a tutti, e se non ti sta bene sei libero di andare via..” continua Maurizio Domizzi, uno che di gavetta ne ha fatta e che meriterebbe di disputare una Champions tanto quanto il capitano Di Natale.
Bravo il Braga, allora, a crederci di più, a sfruttare un pizzico di fortuna e qualità in più, a vivere il calcio e questa partita (la più importante della vita?) con la leggerezza d’animo che non ti fa sbagliare a porta vuota, che non ti fa inciampare davanti al portiere o sbagliare la maggior parte dei passaggi tentati; bravi i portoghesi a correre senza dannarsi l’anima, a giocare al calcio e a non perdere la pazienza, come un veterano alla sua ennesima battaglia.

 

 

L’Italia si presenterà per la prima volta ai nastri di partenza con due sole squadre, segno tangibile delle difficoltà del momento; difficoltà dalle quali si potrà uscire solo con le idee, la volontà, la convinzione di poter dare l’anima. Un po’ quello che la stessa Udinese ha sempre sostenuto.
E poco importerà ai Pozzo se il cucchiaio di Maicosuel s’è lasciato cadere comodo tra le braccia accoglienti di Beto; il latte versato si assorbirà con la stoffa dei talenti che verranno, indigesti oggi e luculliani domani.

 

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