Esclusiva-Ventura: “Dopo De Rossi e Pellissier non sono rimaste bandiere”

Gian Piero Ventura, ex ct della Nazionale italiana, continua ad osservare il calcio italiano in attesa della sua prossima avventura da allenatore. Il mister conosce bene molte dinamiche della Serie A e soprattutto tanti dei suoi maggiori esponenti in campo. Ventura ha rilasciato dunque un’intervista in esclusiva a Soccermagazine parlando di vari temi d’attualità del nostro campionato:

Ventura - Fonte: fc-zenit.ru, Autore: Вячеслав Евдокимов
Ventura – Fonte: fc-zenit.ru, Autore: Вячеслав Евдокимов

È notizia di oggi che la Juventus cambierà allenatore: La sorprende un po’ questo cambiamento in una squadra che comunque ha sempre fatto bene di recente?

Non è normale, però non mi sorprende perché tutto quello che è successo in questi ultimi 20 giorni faceva presagire un cambiamento, quindi se devo parlare di “sorpresa” no, perché se no avrebbero già avuto mille modi per ufficializzare. Mi sorprende dal punto di vista dei risultati. Di solito in Italia funzionano i risultati e direi che i risultati ci sono stati. Io ho fatto 5 anni a Torino e dopo 5 anni un ciclo finisce. Dopo 5 anni intensissimi di Allegri può anche essere che ci sia bisogno di stimoli reciproci. Sto facendo delle ipotesi, naturalmente, però è uno dei tanti motivi che possono aver portato alla separazione.

Proprio a Torino Lei ha allenato Quagliarella, che oggi è capocannoniere davanti a Ronaldo. È un piccolo miracolo o è la prova che chi rimane professionale può fare la differenza anche a 36 anni?

Chi rimane professionale può fare la differenza, ma non basta essere professionali. Bisogna avere anche grandi qualità. Fabio è un giocatore di grandissime qualità. Credo che i goal di Quagliarella – non dico tutti, ma moltissimi – siano impregnati di qualità, quindi non mi stupisco. Non mi stupisco perché la qualità del giocatore messa all’interno di un’organizzazione di gioco che lo privilegia ha fatto sì che Quagliarella potesse essere il capocannoniere. Lì veramente non mi sorprendo.

Negli ultimi giorni si sta facendo un gran parlare dell’addio di De Rossi alla Roma. Lei che l’ha avuto come giocatore, che sensazioni ha in merito? Quanto Le dispiace?

A me dispiace – gliel’ho anche detto – soprattutto per come è avvenuto. Perché poi, sai, bisogna esserci dentro, bisogna capire le dinamiche, perché chi da fuori traccia i giudizi a volte rischia di dire delle cose non corrette. A me dispiace per come è avvenuto, perché se De Rossi avesse lasciato il calcio di sua iniziativa avrebbe avuto un senso. Se gliel’avessero comunicato alla fine della stagione sarebbe stata una scelta di società che andava comunque rispettata. Sinceramente mi hanno stupito molto i tempi, poi – ripeto – non si può entrare in merito alle dinamiche di una società perché bisogna esserci dentro.

Sono dispiaciuto soprattutto per come è avvenuto perché De Rossi, dopo Totti, è in assoluto un grande giocatore, al di là di essere un uomo con la “u” maiuscola e dopo Totti è diventato la bandiera della Roma. Una bandiera non dico che avesse il diritto di avere il contratto, ma il diritto di avere un rispetto magari diverso, con un comportamento e dei tempi diversi, secondo me. Questo credo che sia quello che ha colpito veramente, al di là della scelta che è una scelta societaria e quindi è difficile entrarvi in merito.

In questi anni molti simboli del calcio italiano come Del Piero e Totti, ma anche altri giocatori come Marchisio, hanno dovuto lasciare le loro squadre quasi controvoglia. Secondo Lei, nel 2019, i tifosi devono rassegnarsi al fatto che il tempo delle bandiere è finito?

Adesso non voglio dire una sciocchezza, ma con l’addio di De Rossi credo che siano finite le bandiere. Cioè, io non vedo grandi bandiere. Direi che in questi anni piano piano sian state tolte. Non è più un calcio di bandiere, è un calcio completamente diverso, in cui subentrano fattori completamente diversi. L’amore, l’affetto… per i tifosi sì, questa è chiaramente una grande perdita, però i segnali del calcio sono abbastanza evidenti. Uno vince la Champions da una parte e se gli offrono un contratto migliore se ne va dall’altra.

È quasi impossibile ormai, nel calcio di oggi, essere una bandiera. De Rossi era forse l’ultima bandiera in Italia insieme a Pellissier, che pur facendo parte di una società più piccola è rimasto comunque una bandiera. Le bandiere non esistono più perché il calcio non permette più che esistano e questo non so se sia un bene o un male, perché il successo del calcio è l’affetto, l’amore che i tifosi hanno per questo sport.

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