Esclusiva-Ventura: “Rifiutai Lazio e Fiorentina. Fui vicino alla Juventus”

Gian Piero Ventura è sicuramente tra i tecnici che hanno fatto più discutere non solo gli addetti ai lavori ma anche i tifosi negli ultimi anni. La debacle azzurra nelle qualificazioni allo scorso Mondiale ha pesato e non poco sulla nomea di un allenatore che, poco tempo prima, si era fatto apprezzare da tutti con il suo Torino. Meno felice, invece, la parentesi al Chievo Verona, prima post Nazionale, finita con largo anticipo rispetto a quanto premeditato. Ora però l’ex CT è pronto a ricominciare. Noi di Soccermagazine.it abbiamo contattato in esclusiva Ventura per parlare con lui di quello che successe con gli azzurri, della situazione della Serie A e del suo futuro.

Ventura - Fonte: Gazzettino di Giarre, Youtube
Ventura – Fonte: Gazzettino di Giarre, Youtube

Una carriera lunghissima la Sua. C’è un ricordo in particolare a cui però è più affezionato?

Difficile dirne solo uno in trentaquattro anni di carriera da tecnico e sono tanti (ride ndr). Ti dico solo che sono felice di aver fatto qualcosa che mi piaceva fare e di aver fatto un lavoro che mi ha dato la possibilità di essere me stesso. Soprattutto, poi, questo lavoro mi dà la possibilità di avere ancora voglia di continuarlo a fare. Questo è il lato bello. Singoli episodi diventa difficile citarli perché man mano che ne penso uno me ne viene subito un altro.

Lei è molto legato alla Sicilia: Giarre fu una tappa importantissima per Lei, poi ci fu anche la parentesi Messina. Cosa ricorda dei Suoi momenti lì e, soprattutto, delle situazioni di due piazze come Catania e Palermo che vivono una fase storica difficile?

Il mio legame con la Sicilia è fortissimo. Da Giarre è partita in maniera “ufficiale” la mia ascesa nel calcio. Ricordo di essere stato straordinariamente felice lì proprio per il rapporto che creai con le persone di lì. Ho tanti amici in Sicilia che continuo a sentire perché la gente è speciale e quando nasce un’amicizia è per sempre. Il discorso legato al Catania è molto simile a quello del Palermo: parliamo di due piazze che hanno fatto un importante pezzo di storia del calcio italiano ed è triste vedere entrambe le squadre in quelle categorie. L’augurio è che possano rientrare al più presto nel calcio che meritano, cioè la Serie A. Parliamo di due piazze incredibili, con un “Barbera” e un “Massimino” sempre gremiti e speriamo che entrambe possano tornare nella massima serie.

Lei ha avuto come giocatore anche Luciano Spalletti. Secondo Lei, l’Inter dovrebbe continuare con lui o forse è finito un ciclo?

Il ciclo non è finito perché è lì da un paio di anni. Come allenatore ha avuto un percorso importante, compreso lo scudetto in Russia e le cose buone che ha fatto sia a Roma che a Milano. Ha riportato l’Inter in Champions dopo molti anni e se la sta giocando anche quest’anno e questi risultati contano. Poi se debba rimanere o meno deve decidere la società in base sia ai loro programmi che alle loro convinzioni. Sanno chi è Spalletti e cosa gli può dare. Se lo ritiene all’altezza di raggiungere i nuovi obiettivi lo confermeranno, altrimenti arrivasse un cambio sarebbe perché evidentemente avranno ritenuto altri all’altezza di poterlo fare. Non entro nelle dinamiche societarie.

È un po’ come il discorso di Allegri: se cercavi i risultati li hai ottenuti, se cercavi altro magari hai ricevuto meno. Quando è arrivato Luciano l’obiettivo dell’Inter era tornare in Champions e poi competere sia in Europa che in Italia. Il primo obiettivo è stato raggiunto, il secondo un po’ meno visto che l’Inter non ha effettivamente lottato per lo scudetto nemmeno quest’anno. L’obiettivo primario, quello di tornare nell’Europa che conta, però è stato centrato.

Via Allegri, che tipo di tecnico serve ora alla Juventus?

Dipende anche qui da ciò che cerca la società. Dal momento che allontani un tecnico che vince come Allegri non discuti i traguardi raggiunti ma altro. Ad esempio la critica che ad Allegri veniva fatta più spesso era quella di non giocare un calcio divertente. Se questa è una delle cause devi andare a trovare un allenatore che abbia un calcio più divertente. I tecnici si dividono in gestori e in allenatori. Ad esempio il Napoli è passato da Sarri che è un allenatore, nel senso che impone delle situazioni di gioco, ad Ancelotti che è un gestore. Non so la Juventus cosa stia cercando.

Gli allenatori in Italia purtroppo quando vincono sono bravi, quando perdono sono degli incapaci. Come per Ancelotti non è stato facile dal punto di vista del gioco prendere il posto di Sarri che aveva fatto molto bene, non sarà facile per chi raccoglierà l’eredità di Allegri sotto il punto di vista dei risultati. Le caratteristiche dell’allenatore le sceglierà il club in base all’impronta che vogliono dare alla squadra.

C’è un rimpianto che si porta dietro legato alla sua carriera?

Una scelta che non farei assolutamente è quella della Nazionale. Non lo considero il mio lavoro, perché il mio lavoro è giornaliero, coi giovani, quello fu un altro tipo di lavoro completamente. Mi pento di averla fatta e l’ho pagata a caro prezzo. Per scegliere la Nazionale ho rifiutato anche altre opportunità molto stimolanti e quindi è doppiamente pesante il rammarico. Mi sono reso conto già dopo poco tempo di aver sbagliato, ma servivo politicamente lì e ho pagato più del dovuto.

Che tipo di chance?

Oltre ad avere due anni di contratto col Torino, avevo la chance di andare in altre squadre importanti. Parlo delle squadre subito sotto alle big, quelle che lottano per l’Europa, come Lazio e Fiorentina.

C’è la possibilità di vederLa l’anno prossimo su qualche panchina?

Ho più voglia di prima, perché ho voglia di riscatto. Mi è stato tolto più di quanto meritavo dopo la Nazionale. Io ho perso solo due gare, con Spagna e Svezia, in due anni. Con la Spagna siamo arrivati lì dopo 10 vittorie e 2 pareggi. Con la Svezia abbiamo subito un tiro in porta in 180 minuti. Due partite non possono cancellare trentaquattro anni di carriera. Però ora ho una voglia feroce di ricominciare, tornare in campo e riuscire a far capire a tutti chi è Ventura.

È stato mai vicino a qualche big?

Nel vecchio passato sì, ma parliamo di tanto tempo fa. Sono stato vicino alla Juventus subito dopo Cagliari.

Tornando al periodo Nazionale, ha pensato di proporre una partita d’addio a Totti con la maglia azzurra?

Ne parlammo. Però fu un discorso nato e morto lì perché c’erano altre situazioni. Totti è stato fondamentale per la Nazionale, ma la sua storia è più legata alla Roma e secondo me era giusto che si celebrasse il suo addio proprio con la maglia giallorossa perché lui è la Roma.

E per quanto riguarda De Rossi?

Stessa cosa, sono molto dispiaciuto e gli ho anche scritto. Mi dispiace soprattutto per come è avvenuto, credo che i tempi siano stati sbagliati. Dopo Totti è in assoluto la bandiera della Roma e, se dovevi proprio decidere così, era meglio aspettare la fine della stagione anche perché i giallorossi stanno lottando per l’Europa. A volte certe cose del calcio non le capisco.

Questione oriundi: aveva provato a portare in azzurro qualcuno?

Ci provai con Emerson Palmieri. Stava facendo benissimo alla Roma e a noi servivano esterni. Tuttavia non l’ho mai potuto utilizzare perché si infortunò in entrambe le occasioni in cui dovevo convocarlo. Ricordo che però aveva grande entusiasmo. Oggi penso non ci sia più bisogno perché abbiamo tanti giovani importanti, bisognava già all’epoca dargli solo il tempo di arrivare. Chiesa e Bernardeschi di adesso ad esempio non erano quelli di tre anni fa. Oggi sono una realtà. Stanno arrivando altri come Zaniolo e Kean e credo che faranno comodo all’azzurro. Penso che Mancini potrà avere una buona squadra e io sono un tifoso sia di lui che della Nazionale quindi mi auguro che possa costruire una grande squadra.

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