Napoli, da Mazzarri alla Finale. Ecco i punti del tracollo

..siamo stanchi“; tutto qui.
Umano, naturale, conseguenziale; anche semplice, se vogliamo, da comprendere.
Una cavalcata (quasi sempre) trionfale di otto mesi, con più di cinquanta partite giocate, un ruolino di marcia che ne prevedeva tre in uno spazio ridotto di soli sette giorni.
Ecco come quel “..siamo stanchi” suona naturale.
Eppure, non è tutto cosi umano, naturale, conseguenziale e semplice; il tracollo del Napoli ha radici lontane, affondate quando il sole riluceva forte su Castelvolturno, e nessuno è intervenuto a tagliarle un pò.

1- Campagna acquisti: se una volta ti va bene, non vuol dire che anche quella successiva sarà lo stesso. Parola di Bigon.
Il mercato del Napoli è stato, in una sola parola, fallimentare; un’intera estate passata a rincorrere un solo centrocampista, quell’Inler che, fatto passare come il nuovo Alemao, non s’è rivelato nemmeno all’altezza di un vecchio Bagni.
Il mastino svizzero non ha mai ingranato la marcia e ha dimostrato come la sua presenza non possa servire (da sola!) a far compiere un salto di qualità ad un reparto fondamentale come il centrocampo azzurro. Unico momento da ricordare, il gol siglato a Villareal, che ha mandato in paradiso una intera città. Sfortunato a Stamford Bridge, quando il suo gol è servito a nulla; poco per uno che, a 28 anni, doveva fare la differenza. Forse la differenza, per le casse partenopee, l’hanno fatta solo i 17 milioni pagati per lui.

Non solo Inler, ma, nella stagione in cui ci si riproponeva ai vertici dell’Europa calcistica, bisognava rifondare, a partire dalla difesa.
Erano necessari innesti di qualità, ed ecco invece arrivare Britos, non proprio uno che ti da sicurezze, pagato 10 milioni di euro (un tantino troppo, considerando il valore del giocatore) e Fideleff, estremamente sconosciuto anche a chi di calcio argentino se ne intende; Fernandez era il colpo annunciato, e, nonostante le indubbie qualità dimostrate, fatica ancora a trovare spazio. Perchè?
L’unico colpo andato a segno sembra Pandev; il macedone è stato strappato negli ultimi istanti di mercato dal presidente in persona; né Mazzarri, né Bigon, solo la gentile concessione dell’amico Moratti.
Ci sarà un motivo, no?

2- Allenatore: come passare da eroe a millantatore, in meno di dodici mesi; citofonare Walter Mazzarri.
All’atteggiamento sbagliato, di chi non si dimostra grande allenatore, quest’anno ci ha affiancato le brutte prestazioni della squadra. Il modo di giocare del Napoli, oramai, lo hanno imparato anche i magazzinieri dei vari stadi d’Italia, e il salto di qualità, anche a lui richiesto, non c’è stato.
La squadra, prigioniera di moduli e incomprensioni tattiche, non sembra seguirlo più; e, agli errori sul campo, il tecnico livornese ci ha aggiunto anche una buona fetta di responsabilità in sede di mercato.
Esigere non più di 14-15 giocatori per una stagione che ti vedrà impegnato su tre fronti, vuol dire farsi del male con le proprie mani, ed evidenzia tutte le difficoltà gestionali di un allenatore; se poi ci metti che i giocatori richiesti non sono neanche di primo livello, allora ti chiedi come la squadra sia arrivata a certi traguardi.
L’accordo per andare alla Juve, la scorsa estate, c’era, ma poi Conte e la voglia di giocarsi la Champions si sono messe di mezzo; ora, però, alzi la mano chi è sicuro di rivederlo sulla stessa panchina al via del prossimo anno.

3- De Laurentiis: il suo Napoli è in un limbo, ed ha solo due possibilità: diventare grande e stabilizzarsi ai vertici della classifica, o continuare in questo mare magnum di incomprensioni tecnico-tattiche e societarie, col rischio di finire male (vedi Sampdoria e Fiorentina)
Grazie alla sua opera, il Napoli è arrivato a sfiorare le vette più alte, dentro e fuori dai confini nazionali, ora sta a lui decidere: affidarsi alle persone giuste ed investire tanti soldi (non solo nella squadra) non è facile, ma i tifosi non sono per nulla sazi di quanto fatto.

4- Riconoscenza: strano come il concetto di riconoscenza sia sparito da tutti i libelli calcistici, tranne quelli che si ritrovano a Napoli.
Chiedete a Marino, Oriali, Ranieri, o anche a Del Piero; tutti messi in discussione, e qualcuno mandato via, senza apparenti motivi. A Napoli, invece, questo non accade; in campo e negli uffici di Castelvolturno, tante persone a cui bisognava dire ‘grazie‘ e magari ‘arrivederci‘ sono ancora li.
Per fare grandi cose bisogna prendere anche forti decisioni; a buon intenditore..

L'Olimpico, teatro della finale di coppa Italia - Fonte: Flickr by Sidewalk Flying

5- Coppa Italia: è un controsenso? No.
Da quando il Napoli ha battuto il Siena e riconquistato la Finale di Coppa nazionale, sembra andare tutto a rotoli.
I giocatori hanno (forse) in testa solo quell’obiettivo, consci anche del fatto che, comunque vada, si giocheranno il primo vero trofeo della loro carriera in maglia azzurra.
Vincere per chiudere un ciclo, e andare via da vincitori?
Forse qualcuno, giocatori e tecnici, ci sta pensando.

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