Esclusiva-Amadeus: “Auguro a Mourinho di arrivare al secondo posto”

Amadeus, volto di punta della Rai e reduce dalla direzione del 72° Festival di Sanremo, ha parlato ai microfoni di Soccermagazine della situazione attuale del calcio italiano.

Nemmeno il grande successo ottenuto dall’ultima edizione del Festival di Sanremo ha fatto sì che Amadeus distogliesse l’attenzione dalla propria fede interista. Il noto presentatore, fino a pochi giorni fa impegnato all’Ariston in qualità di conduttore e direttore artistico della kermesse musicale, ha avuto anche modo di scherzare in eurovisione sul derby perso contro il Milan. Da fervido sostenitore dei colori nerazzurri, Amadeus ha rilasciato un’intervista in esclusiva a Soccermagazine parlando dell’Inter e di altri temi d’attualità del calcio italiano, senza trascurare qualche parallelismo con il mondo della musica.

Amadeus - Foto di giovanna_e_amadeus, Instagram
Amadeus – Fonte immagine: giovanna_e_amadeus, Instagram

Ad oggi Inter e Juventus appaiono come le squadre italiane più competitive. Sono state forse le più incisive sul mercato e rimangono le uniche in corsa in Champions League. Amadeus, tu credi che il momento storico di flessione dei bianconeri sia già terminato o ritieni che l’Inter possa aprire un ciclo vincente duraturo com’è stato quello recente della Juve?

A queste due squadre aggiungerei anche il Milan, di diritto. Perché è una squadra in forma. E aggiungerei anche il Napoli che può essere una squadra imprevedibile. Io penso che a giocarsi il titolo siano queste quattro: Inter, Juventus, Milan e Napoli. Saranno fondamentali gli scontri diretti, già ce n’è uno tra Napoli e Inter a breve, che sarà importante. Con Vlahovic la Juventus ha trovato un grande campione e soprattutto un morale, perché è chiaro che ci sono giocatori che fanno la differenza e quindi Vlahovic messo lì diventa determinante.

Le grandi squadre si fanno con i grandi calciatori, non c’è niente da fare. Lo abbiamo visto anche con l’Inter l’anno scorso, quando Lukaku metteva dentro una serie infinita di palloni: è chiaro che quello è un valore. La Juventus aveva perso molto con la partenza di Ronaldo, sia dal punto di vista tecnico che psicologico. Adesso con Vlahovic torna ad avere anche da un punto di vista psicologico una certa forza. L’ha dimostrato nella Fiorentina, Vlahovic è in questo momento uno dei migliori attaccanti d’Europa.

A Napoli è stato già ufficializzato l’addio di Lorenzo Insigne, che a fine campionato si trasferirà in Canada. La partenza improvvisa di un giocatore così rappresentativo, un capitano, un campione d’Europa, è la conferma definitiva che Totti, al quale lo stesso Insigne è stato accostato, ha rappresentato un unicum nella storia del calcio italiano?

Probabilmente sì, è così. Poi in un mondo come quello attuale i giocatori, che sono ovviamente dei professionisti, hanno degli interessi economici che giustamente devono prendere in considerazione. Soprattutto Insigne che non ha più 20 anni e ha fatto una carriera importantissima a Napoli e nella Nazionale. A questo punto ha preso in considerazione un’occasione importante, economicamente parlando, in Canada. Credo che non dovrebbero essere arrabbiati i tifosi, perché non è che Insigne è rimasto in Italia andando in un’altra squadra, magari per un po’ più di soldi. Certamente avrebbe fatto male ai tifosi del Napoli vederlo in un’altra squadra italiana, ma è andato dall’altra parte del mondo.

Poi ci sono i Totti che rimangono una vita nella Roma, altri che decidono di andar via, ma io non mi sento di giudicare nessuno. Ognuno fa le proprie scelte. Non dimentichiamo che sono professionisti e che è chiaro: non si gioca a pallone fino a 50 anni e tutto può accadere. Totti ha deciso di rimanere nella Roma tutta la vita, se lui era felice così ha fatto bene. Altri magari al suo posto invece sarebbero andati all’estero, perché so che l’aveva corteggiato anche il Real Madrid. Anche in quel caso non avrei criticato Totti. Sono scelte molto personali secondo me, che vanno accettate.

In molti sanno che Amadeus è particolarmente legato alla figura di Mourinho, tanto che hai anche dato a tuo figlio il nome “Josè”. Che effetto ti ha fatto vedere l’artefice del più grande successo della storia dell’Inter approdare sulla panchina di un’altra big italiana?

Beh, mi ha fatto provare gelosia, è chiaro. Perché Mourinho lo vedo talmente legato ai colori nerazzurri che non lo immagino da un’altra parte, ma questo vale più per un calciatore. Mourinho è un professionista, mi avrebbe fatto più male se fosse andato alla Juventus o al Milan, ma credo che questo non accadrà mai. Il fatto che sia andato alla Roma procura certamente una gelosia, ma relativa. Capisco che possa aver accettato il corteggiamento di un’altra squadra, dopodiché mi dispiace che non riesca a togliersi certe soddisfazioni.

Auguro a Mourinho di arrivare al secondo posto dietro all’Inter, ma credo che quest’anno abbia qualche difficoltà in più con la Roma. Gli auguro che l’anno prossimo la società gli metta a disposizione una squadra importante. È chiaro che Mourinho è un valore aggiunto, ma nessun allenatore vince da solo gli scudetti o i trofei. Deve avere una squadra a disposizione per poterlo fare.

L’Italia viene dipinta spesso come un Paese divisivo, dove sembrano rari i segnali di riconoscibilità identitaria o le occasioni aggreganti come può essere anche il Festival di Sanremo. Tu che in questi anni hai scoperto cosa significhi tenere uniti gli italiani, tanto da rischiare di diventare Presidente della Repubblica, ritieni che una seconda mancata qualificazione della nostra Nazionale ai Mondiali sarebbe anche una sconfitta sociale?

Come Presidente della Repubblica fortunatamente non ho mai corso questo pericolo (ride, ndr)! Veramente ringrazio le due persone che mi hanno votato, ma credo più per ironia che per reale sentimento di vedermi al Colle, che fortunatamente è occupato dalla persona giusta. Per quanto riguarda la Nazionale, noi viviamo con lei un rapporto giustamente viscerale. Credo che una mancata qualificazione, soprattutto dopo la vittoria all’Europeo, sarebbe una cosa che purtroppo porterebbe a un sentimento di sofferenza e andrebbe a far dimenticare il grande lavoro svolto da Mancini e da questa Nazionale all’Europeo, perché poi purtroppo si ricorda sempre l’ultima cosa. Quindi sarebbe un gran peccato perché ci meritiamo di andare avanti, di disputare il Mondiale.

Abbiamo commesso degli errori durante la qualificazione, su questo non c’è dubbio se no non ci troveremmo in questa situazione. Sarebbe un duro colpo non fare il Mondiale. Speriamo di non dover ragionare su questo fatto, ma di dover solo gioire per un passaggio che non sarà facile. Dovrà essere la miglior Nazionale, la Nazionale migliore vista agli Europei.

La sensazione generale è che i valori della signorilità stiano man mano scemando, soprattutto nel calcio. Una volta il mister Prandelli ci disse che il calciatore viene visto quasi come un attore, l’anno scorso tu ci dicesti che questo è un Paese che spesso critica il rinnovamento e dimentica il passato. Se dopo tanti anni i vari Gianni Morandi o Massimo Ranieri possono condividere la scena con i loro figli, altrettanto non può avvenire nel calcio. Secondo Amadeus c’è il timore che nelle prossime generazioni il mondo del pallone possa smarrire del tutto la sua forma ed eleganza?

È una domanda bella, complessa, anche romantica da un certo punto di vista. Le cose vanno avanti. Dobbiamo probabilmente dimenticarci del calciatore che sposa una maglia per sempre, questo vale sia per quanto riguarda l’Italia sia per altri calciatori-simbolo che ci sono stati all’estero. Oggi dobbiamo imparare ad amare la maglia della nostra squadra a prescindere da chi la indossi. È un calcio diverso, portato più al risvolto economico, manageriale. Probabilmente meno romantico. Sarà difficile, se non impossibile, vedere i Totti o i Javier Zanetti, tanto per citare un capitano storico dell’Inter. Però, insomma, è un calcio al passo con i tempi. Dobbiamo anche adeguarci e capire che è così, ma questo vale anche per le proprietà.

I Moratti sarà un po’ più difficile vederli. Oggi qualcuno c’è ancora, vedi De Laurentiis nel Napoli o la famiglia Agnelli nella Juventus. Ci dobbiamo abituare ad avere società che arrivano dalla Cina, dall’Arabia Saudita o dalla Russia. È diverso, è un calcio diverso, che va accettato per quello che è. Poi il valore in campo lo fanno le regole, lo fanno le società, lo fanno l’allenatore o la storia della società che deve far sì che i propri giocatori rispettino dei comportamenti. Però è chiaro, è un calcio diverso da quello di 30 anni, ma probabilmente è diverso anche da quello di 10 anni fa. Le cose cambiano, ma è anche naturale. Non dobbiamo pensare di rimanere ancorati al passato. Dobbiamo pensare di godere del presente e di adeguarci al presente.

Si ringrazia Amadeus per la cortese disponibilità.

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