Napoli, tanti enigmi e due certezze: i soldi non sono tutto e Cavani è più importante di Mazzarri

Una delle più grandi incognite che potrebbe interessare il calcio italiano nei prossimi mesi è costituita sicuramente dal futuro del Napoli. La società di De Laurentiis, prossima al ritorno in Champions, sarà costretta ad operare in maniera decisa sul mercato, cambiando forse volto, ma se le permanenze del tecnico e del giocatore più valido e rappresentativo della rosa sono costantemente messe in discussione, l’ambiente non può assolutamente giovarne e non sono poche le certezze indispensabili che vengono a mancare nel tempo.

Fonte immagini: Danilo Rossetti
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Inutile perdersi in giri di parole: Cavani è molto più importante di Mazzarri, per una serie di motivi. Non si sta parlando, infatti, semplicemente di un bomber di elevatissima caratura oggettiva, ma anche di una figura che, da quando presente all’ombra del Vesuvio, non ha fatto altro che plasmare l’intero spogliatoio ridefinendo in poco tempo l’intera identità della squadra, che oggi, e non per via dell’assenza di Lavezzi, vede nel “Matador” un punto di riferimento dallo spessore internazionale. Cavani vede i compagni, gioca a tutto campo e sa segnare in qualsiasi momento. “Cavani” vuol dire “Napoli in Europa e nel mondo”.
Da quando è arrivato Mazzarri nell’ottobre del 2009, una squadra sfiduciata dopo l’esonero di Reja e la confusionaria parentesi con Donadoni è stata risollevata dall’ex mister della Samp di Cassano, che ha permeato prima gli uomini e poi i calciatori con il suo carisma, rivalutando addirittura alcuni gregari finiti nel dimenticatoio ed inculcando nelle loro teste un’idea di gioco semplice ed animata. Nei primi due anni “mazzarriani”, infatti, il Napoli si caratterizzava soprattutto per un consistente lavoro in fase offensiva, anche se spesso non finalizzato. Mazzarri fece capire ai ragazzi l’importanza del Napoli per la città e dei 3 punti in una partita. Non a caso, furono tanti i match che non solo per fortuna si concludevano agli ultimi secondi con un successo degli azzurri.
L’attaccante concreto che Napoli attendeva, e che si era rivelato non essere Denis (il quale si configurava perlopiù ad ancora di salvezza a partita in corso), era Cavani. Il Napoli lo prese quasi a sorpresa quando non era ancora certa la partenza di Quagliarella e dunque la titolarità dell’uruguayano, ma considerando l’abituale manovra partenopea in campo, non era così difficile immaginare che l’ex Palermo potesse esplodere nella città di Pulcinella e consacrarsi come un grande attaccante. Il Napoli lo aveva scelto per quello, e Cavani rispose subito con una doppietta contro l’Elfsborg, nei preliminari dell’Europa League 2010/2011, alla sua prima gara da titolare.
Da quando i partenopei sono tornati in Champions, l’atteggiamento di presidente e tifosi è cambiato, e così l’ambizione, con l’unica differenza che se i secondi invocano ormai da due anni lo scudetto, De Laurentiis ci va con i piedi di piombo e parla dei primi cinque posti in classifica quando in realtà pensa almeno al terzo. La squadra che si presenta oggi, però, non è la stessa dell’inizio dell’era Mazzarri. Il Napoli ha capito di essere grande, ma assume ancora dei comportamenti da provinciale e sembra non riuscire a gestire appieno la sua entità. Tante sono state le occasioni sciupate anche nell’attuale stagione e che non hanno permesso al ciuccio di raggiungere il tricolore: per inesperienza, od anche per immaturità di alcuni singoli. Sta di fatto che mentre prima il Napoli riusciva ad andare anche con entusiasmo al di là delle proprie possibilità, oggi sembra faticare non poco a conservarsi e rimanere saldo nella nuova dimensione che, in ogni caso, gli spetta di diritto.
L’avvento di Cavani ha trasformato il Napoli più di quanto non potesse fare Mazzarri, che andando avanti ha cominciato sempre più a volersi affidare all’usato sicuro, trascurando probabilmente anche qualche giovane, e sfruttando molto anche lo stesso “Matador”. Sottraendolo ad un ingranaggio abbastanza oliato, ma ancora da forgiare, si farebbero saltare inevitabilmente tanti bulloni, che Mazzarri non saprebbe nemmeno dove andare a raccogliere. Andare via da Napoli per paura della propria inadeguatezza, per contro, sarebbe una mossa che contraddirebbe le aspirazioni di Mazzarri, il quale ha raggiunto traguardi importanti dopo tanto lavoro e potrebbe anche sfidare il destino puntando sempre più in alto con la squadra che meglio conosce. Inoltre i segnali di continuità nel rapporto col presidente non mancano.
Fonte immagine: Danilo Rossetti
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Un’eventuale cessione di Cavani non garantirebbe matematicamente un Napoli forte sulla scena europea. Soprattutto perché le dinamiche di mercato, negli ultimi anni, non hanno mai favorito più di tanto Bigon & co., che oltre a Behrami e Yebda (curiosamente mai riscattato a favore di un impalpabile Donadel), hanno portato a Castelvolturno diverse illusioni annunciate come Fideleff, Sosa e Vargas e speso grosse cifre per chi come Britos non ha mai reso come di dovere. Non solo: il caso Cavani potrebbe creare un pericoloso precedente; anche trovando un altro centravanti a poco prezzo pronto a fare faville dalle parti del Golfo, infatti, proprio in caso di affermazione dello stesso potrebbero riproporsi tra un anno nuovi problemi d’ingaggio e noie di mercato. Quanto possa permettersi di spendere esattamente la società, poi, rimarrà sempre e giustamente un mistero: che i napoletani si interroghino su dove siano finiti i famosi 30 Milioni di Lavezzi alla fine è inutile; De Laurentiis ha già risposto dichiarando di aver investitito negli ultimi acquisti e nel riscatto di Pandev tutti quei soldi. Insomma: il rischio di non saper amministrare l’ingente budget a disposizione c’è tutto e potrebbe bruciare in maniera grave l’avvenire di un club in piena salute, che dopo aver fatto partire Lavezzi potrebbe dimostrare di non riuscire a trattenere le grandi stelle. Un comportamento che non si addice di certo ad una big.
Se Mazzarri resterà a Napoli per continuare a fare la storia di questo club, dipenderà anche dalla decisione di Cavani. Senza quello che è diventato giocoforza il suo uomo-chiave, il mister rischia di vedersi sfaldare il suo castello per i motivi sopra citati. E se per assurdo Mazzarri volesse provare nuove esperienze, a prescindere da Cavani, con un nuovo allenatore il Napoli potrebbe mutare bruscamente all’alba di un impegno importante come la Champions e che ci tiene ad onorare ancor più della volta scorsa, quando con Bayern Monaco, Manchester City, Villarreal e Chelsea il torneo era comunque più semplice di quello che si prospetta prossimamente.
Non staremo qui a dire che Mario Gomez a 20 Milioni possa essere un affare e che Ogbonna a 18 sia poco conveniente: ciò che è certo è che questo Napoli va rinforzato e migliorato su quei punti deboli che si trascina da anni, anche per colpa di Mazzarri, e che non sono mai stati analizzati perché alla fine è sempre andato (quasi) tutto bene (vedi amnesie difensive banali e varianti tattiche mai adottate). Se si vuole essere una vera big, bisogna comunque lavorare prima sulla testa dei giocatori. Per ottenere una mentalità vincente, inoltre, occorre gente navigata. Napoli è una realtà ancora in fieri, partita 9 anni fa dal nulla. Non si può pretendere tutto e subito, anche se il momento storico che sta vivendo adesso il calcio sembra voler imporre a chiunque di provarci.
Il Napoli è una buona squadra, imperfetta ma sempre perfettibile. A De Laurentiis tocca sull’orlo di un precipizio l’arduo compito di continuare a scalare la montagna, senza rischiare di cadere giù rovinosamente.

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