Chelsea-Napoli vista dallo Stamford Bridge: cronaca di una festa mancata

Una festa. La trasferta di Londra, per i tifosi napoletani, rappresentava il classico compito da svolgere in fretta per poi dare il via ad un carosello che sarebbe durato per tutta la nottata inglese a “Trafalgar Square“, nota piazza della capitale inglese.

Fonte: Luigi Aiello

Premessa: io non avevo il biglietto, a causa di una promessa non mantenuta da parte di un gruppo di tifosi che non hanno ottenuto i biglietti dalla società. Siamo partiti martedì mattina, via Roma, per arrivare in quella Londra già piena di napoletani già dal fine settimana precedente, e giunge alle nostre orecchie che una biglietteria a Piccadilly Circus, vende i biglietti del match europeo a 225 pound, una cifra pari a 270 euro. L’atmosfera, però, è insostenibile dal punto di vista emotivo e ci lasciamo convincere. Il problema è il settore, la “Matthew Harding Lower“, tana degli ultras londinesi, dove saremo stati costretti a non esultare, ad un eventuale gol del Napoli. Londra è tinta di azzurro, dovunque si vada si sente l’inconfondibile accento napoletano, si incontrano conoscenti in ogni dove, e, inevitabilmente, ci si abbandona allo shopping: iniziando da Harrods per finire ai negozi pieni di souvenir da portare ai parenti e ad amici. In serata, sono andato allo Stamford Bridge, per assistere all’allenamento del Napoli o, almeno, per strappare una foto con i miei idoli azzurri, ma troviamo il presidente De Laurentiis che rassicura i tifosi con biglietti di settori “blues” affermando: “Se non fate i napoletani, e state calmi, vi fanno entrare senza problemi”. Parole che rassicurano gli animi dei 5.000 napoletani possessori di biglietti in altri settori. L’Underground, la famosissima metropolitana inglese, è piena di napoletani, fiduciosi nella buona riuscita della “Missione Chelsea”. Arriva finalmente il fatidico giorno, quello della partita della storia. Entriamo come tifosi del Chelsea, armati di sciarpa e cappellino, nella tana dei Blues. Lo stadio, a differenza dell’Italia, alle 6 era vuoto, ad un’ora e mezza dall’inizio del match. I tifosi londinesi arrivano tranquillamente, certi del loro posto numerato, e subito si accorgono di noi napoletani, più di 500 in quel settore. Inizia la partita, i cori dei tifosi del Chelsea sono continui e esasperanti, per un tifoso del Napoli. Segna il primo gol Drogba, quello che non doveva succedere. Ci prendono di mira, spingono me e mio padre e si prendono il mio cappello per giocarci, ma giustamente stiamo zitti e continuiamo a goderci lo spettacolo. Il primo tempo finisce così, con il vantaggio del Chelsea. Pronti via il raddoppio e i tifosi ci costringono a gridare forte il nome di John Terry, autore del secondo gol che qualifica momentaneamente la squadra di Di Matteo. Poi si sveglia il Napoli, si catapulta in avanti dove trova il gol della speranza momentanea con Inler. Rimango impassibile, impeccabile, ma nel mio corpo si svolge il carnevale di Rio, mentre mio padre si fa sfuggire un “gol” che fa girare molti tifosi blues. Avevamo zittito la curva londinese e la goduria è stata doppia. Sorvolo volentieri sui successivi due gol, perchè tutti sappiamo com’è andata a finire. Finita la partita, scoppio in un mare di lacrime lontano dallo Stamford Bridge, consolato da mio padre che, anche lui, aveva gli occhi lucidi. Non avevamo nessuna voglia di mangiare, lo stomaco si era sigillato completamente. Camminando per la città si vedevano tutti i napoletani con gli occhi lucidi e che venivano consolati dagli amici. La festa, purtroppo, l’hanno fatta loro, anche se il Napoli non avrebbe demeritato nulla. “London Calling“, recitava la canzone dei “The Clash”, e i tifosi hanno risposto alla perfezione. Il Napoli, un po’ meno.

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