Le mille contraddizioni di Prandelli: da Criscito a Toni, passando per il codice etico

L’Italia s’è fatta. Dopo un lungo penare che ha dato da mangiare soprattutto ai media maggiormente accaniti e a tifosi più morbosi, finalmente è possibile avere un quadro più chiaro della squadra che andrà a rappresentare lo Stivale in Brasile per i prossimi Mondiali di calcio.

Prandelli - Fonte ACF Fiorentina
Prandelli – Fonte ACF Fiorentina
Le sorprese tra i 30 pre-convocati di Prandelli non sono mancate: tra esclusioni importanti ed ingressi dell’ultimo momento, probabilmente nessuno è riuscito a vedere azzeccato il proprio pronostico. Ad ogni buon conto, nel contemplare la lista degli azzurri eletti per la manifestazione iridata, più che le scelte sono le ragioni controverse che hanno portato alle stesse a far storcere talvolta il naso.
Niente da dire sull’ostracismo nei confronti di Marchetti ed Astori; piuttosto logiche le assenze di Osvaldo e soprattutto El Shaarawy (anche se c’era chi sperava o temeva di vederli dentro), mentre per quanto concerne Florenzi, con buona pace dei romanisti, è evidente una scelta tecnica di fondo. Il trattamento di alcuni elementi ritenuti validi in primis proprio dal ct, però, non può non far incuriosire: a partire dal caso di Domenico “Mimmo” Criscito, titolare indiscusso sulla fascia sinistra della Nazionale fino all’ultima partita con la Spagna, eliminato all’improvviso dal famigerato “listone”.
Nella fattispecie, da qualche anno a questa parte Criscito ha sempre vinto i ballottaggi con i diretti rivali nel ruolo: Molinaro, Santon, Balzaretti, Antonelli, Pasqual. Quando il terzino di Cercola era costretto a mancare, Prandelli sapeva sempre come sostituirlo, ma ogni volta era lui a sentirsi il posto assicurato al suo ritorno. Dopo aver saltato di fatto ingiustamente l’Europeo per le vicende del calcioscommesse, benché lo stesso Criscito volesse andare in Polonia ed Ucraina in barba alla pressione mediatica che la federazione diceva di volergli evitare, il giocatore dello Zenit era riapparso regolarmente tra i convocati. Vittima ignara della stampa e non solo: Criscito non partecipò agli Europei perché l’Italia tutta non avesse qualcosa di cui vergognarsi. D’altronde, come noto, i giornali non hanno memoria ed il ragazzo avrebbe continuato ad essere ricordato come un mezzo delinquente anche una volta scoperta la sua innocenza, la cui notizia avrebbe fatto meno rumore di una presunta colpevolezza. Archiviata la brutta parentesi, arrivò il colpo peggiore: rottura del legamento crociato anteriore e, volente o nolente, Confederations solo alla tv. Il secondo ritorno all’azzurro lo ha visto tra i migliori in campo nell’amichevole di novembre con la Germania, ma una prestazione insufficiente contro la Spagna è valsa la bocciatura nei pre-convocati per il Brasile a favore di Pasqual, già uscito dal giro una volta, e di Darmian, mai convocato in partite ufficiali. E così, dopo aver saltato Europeo e Confederations Cup, Criscito perde pure il Mondiale dopo aver giocato sempre, quando possibile, durante le qualificazioni, ritrovandosi un grosso debito azzurro nei suoi confronti, che non verrà mai saldato.
Un’altra situazione che Prandelli non è riuscito di certo a gestire al meglio è stata quella di Luca Toni: arrivato a Verona con la fievole speranza di rimettere piede a Coverciano, rischia di diventare il capocannoniere della Serie A, ma le porte azzurre gli sono state chiuse in faccia senza troppe spiegazioni. Le dichiarazioni rilasciate ad autunno da Prandelli sui “vecchietti” lasciavano ben pensare, eppure, nonostante sia andato anche oltre le aspettative, Toni è stato facilmente scartato. Nelle ultime settimane, poi, la contraddizione vera e propria: in vista del Mondiale, il ct aveva fatto intendere che il bomber dell’Hellas sarebbe stata la sua alternativa preferita nel caso di infortuni pesanti delle prime scelte, salvo poi escluderlo già tra i pre-convocati. A questo punto, anche se Rossi non dovesse farcela e Destro tornasse ad accusare i suoi frequenti problemi fisici, Toni non potrebbe comunque far parte del gruppo. Nessuno dice che Toni dovesse essere titolare in Brasile, ma perché negarsi gratuitamente un’opzione del genere? Tra pallini personali ed una linea federale che lo sta divorando vivo, Prandelli non è stato troppo limpido: spazio ai giovani, certo, ma Destro ed Immobile non hanno un briciolo di esperienza in Europa, mentre al duttile e vivace Florenzi vengono messi davanti Aquilani e Thiago Motta, che già in passato delusero a tal punto il ct che questi smise di convocarli.
Fonte immagini: Илья Хохлов, Football.ua
Fonte immagini: Илья Хохлов, Football.ua
E se Giaccherini ha giocato più quest’anno di quando veniva convocato, se Di Natale ha rinunciato alla Confederations proprio per il Mondiale e se Diamanti è stato depennato senza nemmeno essere provato dopo una presunta rassicurazione, niente fa discutere più del famoso codice etico, che al solo sentirlo nominare mille bocche si infiammano e cento cervelli si spengono, più di quando un oriundo rifiutato dalla sua Nazionale prova a corteggiare il ct. Un insieme diabolico di giaculatorie che può permettere ad un incompetente di accusare un altro incompetente di non capirci nulla, in un colpo solo, né di calcio, né di giurisprudenza né di morale sportiva.
Ad onor del vero, dall’alba dei tempi Prandelli ha applicato il codice con il giusto rigore, rispettando praticamente sempre il principio iniziale; non è esatto affermare, ad esempio, che Balotelli fu salvato più di una volta quando stava al Manchester City: il ct non ha mai punito falli sì da espulsione, ma comunque di gioco, e lo stesso Super Mario ha finito con il risultare la seconda vittima più ricorrente della regola disciplinare dopo De Rossi. I dubbi, quelli seri, sono cominciati a sorgere prima degli appuntamenti con Danimarca ed Armenia di ottobre, quando Balotelli fu convocato nonostante avesse subito 3 giornate di squalifica in campionato per una sceneggiata di fronte all’arbitro al termine di Milan-Napoli; la squalifica, però, era terminata proprio la domenica antecedente alla settimana degli impegni della Nazionale, pertanto di fronte ai quesiti in conferenza stampa Prandelli spiegò che il codice etico non servisse per infliggere una punizone dopo un’altra punizione, ma che funzionasse quindi solo nel mezzo del periodo di un’eventuale squalifica. A conti fatti, un qualsivoglia potenziale azzurro potrebbe dunque sentirsi libero di comportarsi come meglio crede per tutto l’anno, evitando reazioni istintive solo a ridosso delle partite della Nazionale. Secondo il nuovo calendario FIFA, una convocazione a settembre, una ad ottobre, una a novembre, una a marzo ed una a giugno: Prandelli ha lasciato passare indirettamente il messaggio secondo il quale per sole 5 domeniche bisogni assumere comportamenti consoni all’educazione sportiva, mentre per il resto del tempo via libera a pugni, mancate premiazioni e contumelie varie.
Altro mito da sfatare: non è vero nemmeno che Prandelli non abbia il coraggio di tirare fuori il codice etico prima delle competizioni importanti; se il precedente di Osvaldo dell’anno scorso non può servire come esempio perché si trattava solo della Confederations Cup, si può citare però l’esclusione di Marchetti, potenziale secondo portiere azzurro, dagli Europei del 2012, in seguito ai fatti di quell’indimenticabile Udinese-Lazio terminata in rissa per un goal di Pereyra viziato da un fischio proveniente dagli spalti.
Anche se il codice era stato dichiarato essere in vigore pure nelle ultime giornate di campionato, un assioma è chiaro a tutti: Chiellini non avrebbe mai saltato il Mondiale. La querelle sorta intorno al difensore bianconero negli ultimi giorni, comunque, non può condannare in toto Prandelli, che aveva dalla sua diversi particolari sui quali appigliarsi per salvare il giocatore. Mentre infatti la volontarietà del cazzotto di Destro ad Astori in Cagliari-Roma era palese, l’intenzionalità di una gomitata durante una marcatura reciproca a palla ferma non può essere altrettanto certificata: insomma, già solo la possibilità che Chiellini non l’abbia fatto apposta basta per portarlo in Brasile. Si fosse trattato di una dinamica analoga a quella di Destro, forse a quest’ora Prandelli sarebbe ancora in preda ad una crisi d’identità. Sta di fatto che questo codice etico, idea comunque provvidenziale in un calcio che non fornisce mai esempi per i giovani, è diventata un’arma dei media contro Prandelli piuttosto che lo spauracchio di Prandelli contro mezza Serie A.
Lippi parlava poco, dopo la figuraccia in Sudafrica ha parlato ancora di meno e nonostante il tracollo del 2010 non sia ancora stato spiegato, in molti non ci pensano più e ci hanno messo una pietra sopra; forse, allora, l’errore di Prandelli è stato quello di esporsi un po’ troppo, dimenticando probabilmente che i suoi buoni intenti avrebbero entusiasmato pochi scoprendogli invece il fianco anche di fronte ai detrattori dell’ultima ora. Tant’è, Cesare, ormai il dado è gettato, insieme alla fiducia per la Nazionale, alla credibilità del codice etico e a buona parte del senso d’appartenenza che tu stesso hai cercato di difendere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Su questo sito utilizziamo strumenti nostri o di terze parti che memorizzano piccoli file (cookie) sul tuo dispositivo. I cookie sono normalmente usati per permettere al sito di funzionare correttamente (cookie tecnici), per generare statistiche di uso/navigazione (cookie statistici) e per pubblicizzare opportunamente i nostri servizi/prodotti (cookie di profilazione). Possiamo usare direttamente i cookie tecnici, ma hai il diritto di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazione. Abilitando questi cookie, ci aiuti ad offrirti una esperienza migliore con noi. Cookie policy