Il derby dei milanesi, all’ombra della Madonnina

Milano si è svegliata da poco, perchè il sabato è il primo giorno di riposo dopo una settimana intensa di lavoro; la città respira, i turisti e gli shopper incalliti ne prendono possesso, il clima è mite mai come quest’anno e il sole, udite udite, la fa da padrone.

Fonte: Antonio Zaza

Il giorno della vigilia di questo atipico derby alla penultima giornata dunque, non lascia intravedere tracce di partitissima o attesa spasmotica, bensi lascia immaginare che ogni milanese viva il derby dentro di se, coltivando ansie, paure e speranze.

Nessun proclamo, nessuna grande pubblicità, ma la sensazione è che tutti siano con la mente verso il posticipo di domani sera, quando 80000 voci e qualche miliardo di telespettatori assisteranno al big match della 18esima giornata.

Le prime sciarpe cominciano ad intravedersi, segno che parecchi turisti hanno combinato l’accoppiata week-end/partita; nei negozi come nei bar, i classici Signur milanesi cominciano a rievocare vecchi ricordi di quel derby la, piuttosto di quell’altro.

Ibra l’è un gran giucatur, si sente sussurrare da un vecchietto intento a bere un latte caldo in un bar della centralissima Piazza Duomo, mentre il barista gli risponde per le rime abbinandoci una faccia simpatica ma allo stesso tempo di sfida.

E cosi cominci ad ascoltare tutti gli schemi tattici possibili, sapere che cedere Pato sarebbe stata la più grande stupidaggine, e sentire i mille pronostici su un derby che fa gola a tutti.

Ad alcuni manca Sheva, ad altri Kakà mentre un signore distinto seduto al tavolino all’angolo del bar, appoggia la Gazzetta sul tavolo ed esclama: “Se il Mourinho l’era ancora qui, ussignur quanti derby avremmo vinto…altro che Milan!”.

Il derby a Milano si vive cosi, senza troppi proclami, senza parole ad alta voce, ma con un’ironia sottilissima come pochi riescono a fare.

Ne era un esempio classico l’indimenticabile Peppino Prisco, avvocato stimatissimo da entrambe le sponde del Naviglio e interista dentro il cuore e l’anima.

Lui era il classico prototipo del tifoso milanese, intelligente ma allo stesso pungente nello stuzzicare

il cugino, mai sopra le righe e con un grande senso dell’umorismo anche dopo una sconfitta.

Qui a Milano infatti, il derby dura esattamente 24 ore, il tempo di preparare la partita, giocarla e al massimo sbeffeggiare a suon di canti o di sms chi lo ha perso, mettendoci però la stessa dedizione e costanza di qualsiasi altra città italiana.

Poi la sveglia suona imperterrita alle 06:30 del lunedi, il traffico e gli uffici tornano a farla da padrone e la città sembra quasi essersi dimenticata di aver disputato la Stracittadina.

Quasi… perchè gli occhi delle persone non mentono mai, e basta soffermarsi un attimo per capire che, dentro ognuno di loro, si sta rivivendo il film della partita, tra la gioia e la soddisfazione di chi lo ha vinto e la rabbia e la tristezza di chi lo ha perso.

Perchè per il milanese, il “Derby della Madunina”, ha sempre un gran bel fascino…

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